Coronavirus

Le tasse non si sono fermate: a giugno stangata Irpef e Ires

Il dl Rilancio "condona" alle imprese solo 4 miliardi di Irap. E Conte ammette: "Niente anno bianco fiscale"

Le tasse non si sono fermate:  a giugno stangata Irpef e Ires

Sia la Banca d'Italia che il Fondo monetario internazionale prevedono che nel 2020 il nostro Paese soffrirà una contrazione del Pil del 9% annuo. L'Istat ha certificato che la produzione industriale a marzo, nonostante il mese non fosse stato interamente caratterizzato dal lockdown, ha segnato una flessione superiore al 25 per cento. Lo spettro della disoccupazione potrebbe diventare, nei prossimi mesi, una realtà per centinaia di miglia di lavoratori. Solo un'istituzione pare non essersi accorta del mutato panorama macroeconomico: si tratta del governo italiano e, in particolare, del ministero dell'Economia in quanto nell'articolato del decreto Rilancio (che è ancora un work in progress) la parte fiscale, che avrebbe potuto costituire una leva per la ripresa, è abbastanza sottodimensionata rispetto a quella relativa agli ammortizzatori sociali e agli altri sussidi.

In pratica, se si eccettuano i circa 4 miliardi destinati alla cancellazione del saldo 2019 e dell'acconto 2020 dell'Irap, tutto il resto rimane immutati salvo alcuni rinvii di scadenze. Alcuni, perché sia a giugno che a luglio imprese e professionisti dovranno effettuare versamenti che potrebbero risultare letali per il prosieguo della propria attività. È il caso delle imposte relative alle dichiarazioni 2019. Il 30 giugno è prevista la prima rata del versamento Irpef e Ires, quest'ultima per le società di capitali che hanno approvato il bilancio 2019 entro il 30 aprile. Per lavoratori autonomi (ma anche dipendenti) e aziende la prima rata potrebbe essere un colpo molto duro, soprattutto se le chiusure hanno azzerato il fatturato o anche se i ricavi o gli stipendi si sono assottigliati causa Covid.

In questo novero possono rientrare Imu e Tasi per le quali l'acconto va pagato entro il 16 giugno. Al di là della effettiva ingiustizia della patrimoniale in quanto tale va ricordato che essa incide sia sulle imprese proprietarie dell'immobile commerciale sia su quelle che in locazione (per una quota fino al 15%). Le uniche aziende «salvate» sono state quelle alberghiere che hanno in proprietà la location nella quale operano.

Occorre ricordare che, per quanto riguarda, tutte queste imposte si può optare per il differimento di 30 giorni del saldo. Tuttavia questo comporta una maggiorazione del 4%, dunque il rinvio ha un costo. Per Irpef e Ires si può optare anche per la rateizzazione ma questo comporta la corresponsione degli interessi e, quindi, anche in questo caso ci sarebbe un aggravio sia pur minimo. La fine dell'estate, inoltre, porterà nuovi carichi perché dal 16 settembre riprende la riscossione dei contributi previdenziali e delle ritenute fiscali dei dipendenti relativi ad aprile e maggio per le imprese che hanno subito diminuzioni di fatturato fino al 33% (fino a 50 milioni di euro di ricavi) e fino al 50% (sopra i 50 milioni). Anche in questo caso unica soluzione o rateizzazione. Dal primo gennaio 2021 riprenderà normalmente la riscossione delle cartellke esattoriale e il pagamento delle rate della rottamazione e della pace fiscale.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, sarebbe stato meglio intervenire su Ires e Irpef anziché sull'Irap poiché abbonare saldo e acconto equivale a elargire una «mancia» giacché l'imposta incide per il 4% dei ricavi a fronte del 24% dell'Ires. Allo stesso modo, spiega l'associazione di imprese, «è inaccettabile, pure, la possibilità che è stata concessa agli organi accertatori di avere più tempo per accessi e ispezioni a causa di questi pochi mesi di proroga per i versamenti delle imposte, facenti riferimento ai mesi di marzo, aprile e maggio 2020 al 16 settembre 2020, a riprova che il legislatore è sempre e solo pro agenzia delle Entrate». Il decreto Rilancio, stando alle bozze, rinvia infatti al 2021 la notifica di tutti gli atti impositivi, i cui termini di decadenza scadono tra il 9 marzo e il 31 dicembre 2020. Concedere uno sgravio anche parziale delle cartelle sarebbe invece stato equivalente a un'immissione di liquidità.

L'economia avrebbe avuto una spinta più decisiva per la ripartenza. Ma si è preferito procedere in direzione totalmente opposta. L'anno bianco fiscale non ci sarà.

Come ha detto Conte: lo Stato non può permetterselo.

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