Politica

La tattica leninista di lodare Zaia

La politica è come la caccia e quando la bestia è ferita, i cani cominciano a fiutarne l'odore del sangue.

La tattica leninista di lodare Zaia

La politica è come la caccia e quando la bestia è ferita, i cani cominciano a fiutarne l'odore del sangue. È quello che sta avvenendo in questi giorni a Matteo Salvini, sottoposto a un fuoco di fila della stampa di sinistra e dei dirigenti del Pd, che elogiano l'«altra Lega», quella da loro considerata buona, di Giorgetti e di Zaia, e invitano a liberarsi del Capitano dopo le Amministrative. Si tratta di una tattica tipica della tradizione leninista che tuttavia spesso è servita: basti pensare alla vicenda Fini-Berlusconi, quando il primo fu quotidianamente incensato dagli stessi che ora magnificano Giorgetti e Zaia.

Ora, che esistano due Leghe è piuttosto evidente, e non solo è legittimo ma segno di ricchezza: i partiti monolitici e monocratici non vanno lontano. Altrettanto legittimo, come chiedono esponenti vicini a Zaia, che si svolgano i congressi. Molto meno legittimo, o assai più discutibile, è giocare di sponda con l'avversario politico e per di più di fronte ai media. Da osservatori esterni ma interessati al futuro del centro destra, la tentazione di sostituire Salvini ci pare in ogni caso un suicidio, e uno dei più stupidi. La Lega di oggi è infatti Salvini: le percentuali che toccò nelle ultime Europee e i risultati a cui i sondaggi ancora la accreditano sono, infatti, soprattutto merito del Capitano, della sua comunicazione ma anche della sua proposta, una Lega nazionale, non più sindacato del territorio come era stata con Bossi. Che poi questo sbarco al Sud sia solo parzialmente riuscito, e che ora la Lega soffra anche al Nord, presso l'«imprenditoria settentrionale» è un altro discorso. Così come era abbastanza prevedibile che, entrando nel governo, Salvini avrebbe dovuto sacrificare larga parte delle sue proposte: del resto, senza la sua decisione, forse neppure Draghi ci sarebbe. Così come, probabilmente, il governo cadrebbe se Salvini non fosse più segretario della Lega.

Detto questo, non si vede chi possa prenderne il posto, mantenendo si intende un buon consenso alla Lega. Il suo indebolimento porterebbe poi con sé quello di tutto il centrodestra. Non è infatti certo che i consensi di elettori leghisti orfani si sposterebbero verso Fratelli d'Italia: una parte probabilmente sì, ma un'altra certamente finirebbe nell'astensionismo. Con grande soddisfazione dell'alleanza Pd-5 stelle, insomma della sinistra. «Non temere quando i nemici ti criticano.

Stai attento quando ti applaudono», verrebbe voglia di dire a chi, nel centrodestra, sogna congiure contro Salvini.

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