La manifestazione pro-Tav di ieri ha allargato la crepa che già si era aperta all'interno della maggioranza gialloverde sulle grandi opere. I due «dioscuri», Matteo Salvini e Luigi di Maio, ieri hanno cercato di minimizzare le differenze: l'uno appellandosi al referendum popolare, l'altro alla libertà di espressione. Ma questa divergenza sarà difficilmente ricomponibile e non è detto che sia uno dei motivi - oltre alo spettro di una recessione dell'economia e alla questione migranti - che potrebbe accelerare una crisi politica.
Per ora si abbozza. «Se non c'è una sintesi all'interno del governo, decidono gli italiani come è giusto che sia», ha dichiarato ieri il ministro dell'Interno. «Nel contratto di governo - ha aggiunto - ci sono i referendum propositivi come in Svizzera, giustamente, quindi se sulla Tav non c'è un accordo politico la parola passa agli italiani». La posizione è chiara: «Voterei a favore dello sviluppo e della crescita», ha chiosato strizzando l'occhio ai propri simpatizzanti milanesi durante una visita a un gazebo in Corso Vercelli. «È sempre un buon segno quando gli italiani partecipano e manifestano civilmente», ha ribadito stigmatizzando le intemerate dei centri sociali «che sfasciano e aggrediscono, quindi dobbiamo tenerne conto». Secondo Salvini, «l'Italia ha bisogno di andare avanti, di viaggiare di più e più velocemente».
Di Maio non ha potuto che fare buon viso a cattivo gioco. «Non mi scandalizza che si vada in piazza a dire che si era per il sì alla Tav», ha replicato una volta interpellato sulla partecipazione del Carroccio alla manifestazione di Torino. Una crepa nel governo? «Non è una crepa: Lega e M5S sono forze politiche che hanno convinzioni diverse», ha puntualizzato ricordando che «come M5S, quando abbiamo iniziato il percorso insieme abbiamo chiesto un contratto di governo, sapevo che ci saremmo ritrovati in queste situazioni».
Sulla Tav, ha concluso il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, «ci siamo rivolti agli scienziati, hanno fatto uno studio costi-benefici che sarà pubblicato e poi prenderemo una posizione di governo». Si tratta del solito gioco delle tre carte: per il M5S, che già ha dovuto «ingoiare» i sì a Tap e Ilva e che sta tentando con tutte le forze di bloccare le trivellazioni, stoppare il collegamento tra Torino e Lione è fondamentale così come erogare il reddito di cittadinanza.
Salvini, secondo indiscrezioni, avrebbe offerto all'alleato una via d'uscita onorevole: una ridefinizione del progetto che prevede un notevole risparmio economico, ma oltre il Carroccio non può spingersi poiché perderebbe il sostegno dei ceti produttivi settentrionali che sono tutti favorevoli alla Tav. Il recupero nei sondaggi di Forza Italia e la ravvivata popolarità del governatore del Pd Chiamparino in Piemonte alla vigilia delle elezioni sono tutti campanelli d'allarme per il leader leghista.
«Il governo ha il dovere di usare al meglio i soldi degli italiani», ha commentato il ministro delle Infrastrutture Toninelli. Il suo collega pentastellato di Torino Airola ha già minacciato le dimissioni dal Movimento se l'opera si fa criticando la «miserevole campagna elettorale della Lega». Una composizione è quasi impossibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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