Teheran punta su Sinwar, il teorico del terrorismo e del sacrificio dei rapiti

È lui il nuovo capo politico, nascosto nei tunnel di Gaza. L'ipotesi di un salvacondotto in Qatar

Teheran punta su Sinwar, il teorico del terrorismo e del sacrificio dei rapiti
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Sembra più una convulsione in articulo mortis che una vera scelta di leadership, eppure i suoi contenuti sono molto illuminanti: sulla nave senza vele e quasi senza cannoni di Hamas è salito sul cassero Yahya Sinwar come nuovo capo del «political bureau» dopo l'uccisione di Ismail Haniyeh a Teheran. Chi lo sostituisce è Sinwar, uno dei più feroci terroristi del mondo. Lo ha eletto il consiglio della Shura, 50 membri scelti a Gaza, nel West Bank, la diaspora tipo Qatar e fra i prigionieri nelle carceri: cioè, l'intera Hamas ha deciso di confermare la linea del 7 ottobre, quella di Sinwar per cui si sgozzano bambini, si violentano donne, si uccidono famiglie nel modo più crudele possibile, si rapiscono vecchi, giovani, neonati.

Questo è Sinwar. È la sua linea generata dal ventre di Gaza in collaborazione pluriennale con l'Iran, che certamente ha avuto nella scelta del nuovo vecchio capo una parte fondamentale, dato che è solo con l'aiuto degli ayatollah che ora preparano i loro missili sperando di colpire al cuore lo Stato ebraico. Il contendente diretto di Sinwar era Khaled Meshal, un altro terrorista messianico, ma la cui integerrima fede islamista propende verso i Fratelli Musulmani, distante dall'egemonia sciita dell'Iran, anche se ne accetta la incidentale collaborazione. Meshal è anche un preferito di Doha, e anche questo per gli iraniani, gelosi della loro esclusiva egemonia sul Mediorente, non è un punto a favore. Intanto dal Qatar si sente dire anche che avrebbe favorito la candidatura di Sinwar nella prospettiva che egli adesso possa essere sfilato da dentro Gaza lasciando il campo libero. E forse anche a una linea meno decisa sui rapiti, che Sinwar usa come suo scudo di difesa, e di cui si dice che siano costretti a una continua vicinanza fisica con lui nelle gallerie. E anche se la Casa Bianca annuncia che l'accordo sul cessate il fuoco non sia mai stato così vicino, si fatica a crederci. Israele o non sa dove si trovi l'uomo di cui certo vorrebbe la testa o non può avvicinarsi per prudenza verso la vita dei rapiti. Ma l'ha detto chiaro il portavoce dell'esercito Daniel Hagari: «Il suo posto è già assegnato, vicino a quello di Mohammed Deif».

La linea di Sinwar è nota, sillabata, urlata, ripetuta in molti suoi discorsi magari tenendo in braccio un bambino con un piccolo mitra in mano e la fascia verde sulla fronte. Nel 2022 disse: «Vi investiremo come un torrente in piena, con innumerevoli proiettili, una cascata di armati senza limiti e vi sommergeremo a milioni, un'ondata dietro l'altra». Non sono parole in libertà: la «nukba», un uragano, ha rappresentato la prima realizzazione del grande cambiamento annunciato da Sinwar quando nello scambio per Gilad Shalit tornò a Gaza nel 2011: qui spiegò che la battaglia non era più quella per «due stati per due popoli», che ogni prospettiva siglata a Oslo veniva cancellata in nome del progetto della distruzione totale di Israele. Nella sua visione è compresa l'immensa propensione personale, forse legata al tumore al cervello diagnosticato dal dentista e curato in carcere dai nemici, per lo spargimento di sangue. Ma anche l'insegnamento per cui si deve uccidere anche fra i palestinesi con le proprie mani chiunque sia sospettato di collaborazionismo: raccontò come aveva strangolato con una kefiah un palestinese. E anche, dopo il 7 ottobre, sua è l'affermazione della necessità imprescindibile di versare più sangue possibile del proprio popolo per catturare il favore del mondo.

Sinwar è il superstite del gruppo dirigente che ha disegnato Gaza come una città di cartone, che addensa la popolazione su una ragnatela senza fine di gallerie piene di armi, materiali di riserva, passaggi e nascondigli cui si accede da

tutte le strutture civili della Striscia, dagli ospedali e dalle scuole. Adesso nel suo buco aspetta che iraniani e Hezbollah si avventino su Israele. Forse allora si riaffaccerà all'aria, ma non lo aspettano solo i suoi.

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