La telefonata della Merkel al Pd: "Il Conte bis va fatto a ogni costo"

Nel momento in cui la trattativa rischia di arenarsi, arriva la chiamata della cancelliera al Pd: "Fate l'accordo e fermate Salvini"

La telefonata della Merkel al Pd: "Il Conte bis va fatto a ogni costo"

Proprio mentre Luigi Di Maio rischiava di far saltare il banco, cercando di imporre il suo programma in venti punti, e i vertici del Partito democratico affilavano le armi contro quello che consideravano un ultimatum "irricevibile", al Nazareno è arrivata la telefonata di Angela Merkel per dire che il governo va fatto a ogni costo. Il retroscena, raccontato da Goffredo De Marchis in un lungo articolo pubblicato ieri su Repubblica, la dice lunga sulle pressioni internazionali per non far tornare gli italiani al voto. L'obiettivo dei tedeschi, come anche di altre forze europee, è fermare la formazione di un esecutivo sovranista.

Nei giorni scorsi Giuseppe Conte ha ricevuto parecchi endorsement. Il ribaltone permesso dal capo dello Stato Sergio Mattarella è subito piaciuto a tutti gli ultrà europeisti: con Matteo Salvini fuori dai giochi e il Partito democratico a calmierare l'euroscetticismo dei Cinque Stelle, le cancellerie di Bruxelles hanno visto l'occasione per riaprire un canale con Roma dopo che il leader leghista lo aveva interrotto. E così è stata fatta trapelare la presenza di un documento per alleggerire le regole sul debito pubblico e il commissario (uscente) al Bilancio, Guenther Oettinger, ha rilasciato un'intervista all’emittente Swr per dire che adesso ci si aspetta dall'Italia "un governo pro-europeo che non lavori contro l'Europa". Non tutti gli endorsement, però, sono stati celebrati sui giornali. Quello della Merkel, che a conti fatti suona più come una direttiva a cui non si può rinunciare, è stato "nascosto" tra le pieghe di un articolo. Ne ha, infatti, dato notizia Repubblica in un retroscena che non è stato mai smentito.

La telefonata della Merkel arriva venerdì sera dopo che Di Maio ha alzato la posta in gioco imponendo un programma più articolato. Dietro le quinte di questo scontro si consuma la partita del leader grillino per ottenere da Conte il doppio incarico. Oltre alla vice presidenza, chiede un ministero di peso, come il Viminale o la Difesa. I dem sono in fibrillazione e non escludono la possibilità di far saltare il banco. A quel punto, secondo la ricostruzione di Repubblica, Matteo Renzi fa sapere attraverso Maria Elena Boschi che l'ultimatum dei Cinque Stelle è "irricevibile". È in quel momento che entrano in campo due player esterni: i mercati ripiegano in negativo facendo capire che non sono disposti ad accogliere di buon grado il fallimento dell'intesa giallorossa e la Merkel alza il telefono e chiama uno dei big piddì (probabilmente Paolo Gentiloni) per dirgli che "il governo va fatto a ogni costo per fermare i sovranisti". E, quando Conte chiama a rapporto le delegazioni dei due alleati, Andrea Orlando e Dario Franceschini danno disco verde a trattare ancora.

L'ingerenza di Berlino sulle decisioni del Partito democratico non deve affatto stupire. Come abbiamo scritto nei giorni scorsi, il primo abboccamento tra grillini e democratici risale al 16 luglio, quando Ursula von der Leyen viene eletta presidente della Commissione europea anche grazie ai voti dei Cinque Stelle e dei dem. Non si tratta di un nome qualunque, ma di una vera e propria propagazione della Merkel. Iscritta alla Cdu dal 1990, è stata ministro per vari portafogli in tutti i governi presieduti dalla cancelliera tedesca. La sua elezione è lo scacco matto di Berlino al termine di una partita giocata al fianco di Emmanuel Macron per spaccare il blocco sovranista in Europa. E non è certo un caso se, non appena Salvini stacca la spina al governo gialloverde, Romano Prodi si fionda in men che non si dica a proporre anche per Roma una coalizione "Ursula", formata cioè dalle stesse forze politiche che hanno contribuito a far eleggere la von der Leyen. Una formazione che, a quanto pare potrebbe piacere anche a Donald Trump visto che nei giorni scorsi ha twittato il proprio tifo in favore del Conte bis. In realtà, secondo il politologo statunitense Edward Luttwak, quel post sarebbe finito sul tavolo dell'ultimo G7 come contropartita nella trattativa diplomatica fra il presidente americano e l'inquilino dell'Eliseo. Per Steve Bannon, infatti, il tycoon non avrebbe mai appoggiato l'esecutivo nascente "se solo avesse saputo che tipo di governo è".

Che dietro la formazione del Conte bis ci siano interessi internazionali è ormai chiaro ai più. Gli schieramente sono, insomma, piuttosto delineati. "Il Partito Democratico è al servizio dei Paesi stranieri", ha denunciato Salvini ieri sera durante un comizio a Pinzolo. "Pensano che siamo tutti pecoroni e schiavi, pronti ad aspettare quello che dicono a Bruxelles e Parigi - ha rimarcato - invece la Lega difende gli italiani, perché noi siamo uomini liberi".

A questo punto al leader leghista non resta che giocare la prossima partita all'opposizione, con le armi che ha a disposizione. I suoi uomini hanno già fatto sapere che in Aula non faranno passare niente che venga dai giallorossi. Dai giallorossi ma soprattutto da chi li sponsorizza: Merkel, Macron e Urusla von der Leyen.

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