Tre mesi dopo il crollo del ponte Morandi, il governo Conte porta a casa il decreto per Genova, infilando nel provvedimento anche un condono edilizio per l'isola di Ischia. Al netto dello scontro politico sulla sanatoria, il decreto lascia sul tavolo incertezze e incognite su tre passaggi fondamentali: tempi, copertura economica e società coinvolte per la ricostruzione, rimborsi per gli sfollati e piano di rilancio dell'asset industriale e portuale del capoluogo ligure.
Il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli esulta, alzando il pugno chiuso al momento del voto in Senato. Mentre a Genova famiglie e imprese attendono da novanta giorni le risposte da parte dell'esecutivo.
Il primo nodo da affrontare, che il decreto non scioglie, riguarda la fase di demolizione e ricostruzione del viadotto Morandi. Per il governatore della Liguria Giovanni Toti - l'unica scelta, anche per neutralizzare eventuali contenziosi, è Autostrade: «Se lo strumento che hanno scelto per ricostruire il ponte funzionerà», merito al governo che lo ha scelto. Se non funzionerà, di sicuro la responsabilità non va cercata a Genova».
Altro nervo scoperto riguarda i tempi della ricostruzione. «La scelta di Autostrade - per Toti - avrebbe semplificato non poco l'apertura del nuovo cantiere, perché la società avrebbe fatto tutto al suo interno, senza contrattazioni e nessuna procedura straordinaria. Ciò non avrebbe pregiudicato né l'inchiesta in corso né eventuali processi penali». Ma il commissario Marco Bucci lavora a un'altra road map: «Questa sera (ieri) invieremo le lettere alle aziende interessate a portare avanti la demolizione e la ricostruzione di Ponte Morandi. Sono fiducioso di poter partire con la demolizione il 15 dicembre e con la ricostruzione già ad aprile».
A parte la fiducia, Bucci non ha altri elementi per dare certezze sulla ricostruzione. E soprattutto, tra governo e commissario non c'è intesa su chi dovrà ricostruire il ponte. Per il vicepremier Luigi di Maio e il ministro Toninelli dovrà essere Fincantieri. Una soluzione che non convince Bucci. Il decreto non risolve la questione dei fondi. Autostrade dovrebbe mettere a disposizione i soldi per far ricostruire a un'altra società: un'ipotesi che apre la finestra su un lungo contenzioso legale. Duro il giudizio di Giorgio Mulè, portavoce dei deputati di Forza Italia: «Il decreto non solo non dà alcuna certezza su tempi e modalità della ricostruzione del viadotto crollato ma spalanca la porta a una impervia e chissà quanto lunga strada fatta di ricorsi giudiziari e amministrativi». Per l'esponente azzurro, le conseguenze di una legge sbagliata ricadranno sui cittadini: «Saranno i cittadini italiani a pagare le spese di ricostruzione per centinaia di milioni di euro. Genova pretende, oltre al Ponte, le opere necessarie per lo sviluppo: sono innanzitutto il Terzo valico, la Gronda, la grande diga. Ed è da queste opere, mentre non perderemo di vista la concreta applicazione del decreto, che continuerà la nostra battaglia».
Un'altra mina sotto il decreto arriva dagli sfollati. Il provvedimento non parla espressamente di rimborsi agli inquilini.
Sono sparite zona franca e indennizzi per le famiglie che risiedono nella zona arancione.Ma soprattutto i timori dei liguri sono legati alla mancanza di un piano di lungo termine per rimettere in moto Genova e il suo sistema portuale e industriale.
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