Politica

"La tenuta del governo? Sganciata dai voti sul Colle"

Il costituzionalista: "Una nuova maggioranza per il Quirinale non comporta la caduta di Draghi"

Il giurista Sabino Cassese
Il giurista Sabino Cassese

Professor Sabino Cassese, queste elezioni del presidente della Repubblica sono storiche per vari motivi. Covid a parte, al centro c'è la figura di Mario Draghi e accordi e trattative riguardano insieme il Quirinale e il governo futuro. Un'anomalia o solo una novità?

«Le peculiarità e novità sono molte. Un presidente destinato a durare tre legislature, a gestire la più importante modifica costituzionale, cioè la riduzione di un terzo dei parlamentari, a colloquio con forze politiche che in parte non sono state nella tradizione della storia repubblicana, con partiti molto frammentati e divisi al loro interno, senza una chiara distinzione tra sinistra e destra, con una decisione che riguarda insieme il presidente della Repubblica, il governo e la durata del Parlamento. E, sullo sfondo, i pericoli di una guerra nel teatro europeo, un'inflazione forse non congiunturale, una pandemia al terzo anno di vita, un grave declino demografico dell'Italia, una perdita di quota del nostro Paese che dura da 25 anni, scolarizzazione in diminuzione, organizzazione territoriale della sanità in crisi. C'è molto lavoro per la politica, quella nobile e importante, non le scaramucce quotidiane. Vorrei esprimere l'auspicio che si torni presto a discutere di questi problemi, che interessano il Paese e il suo futuro. Il grande interesse dell'opinione pubblica e dei media per l'elezione del presidente della Repubblica rischia di diventare un atto di accusa del corpo politico, troppo attento alla distribuzione delle cariche invece che ai grandi problemi collettivi che riguardano la Nazione».

Il premier in questi giorni incontra i leader politici, che cercano un accordo sul Colle e ogni sua parola condiziona la soluzione, anche se per Palazzo Chigi viene rispettata la grammatica istituzionale. Come giudica quest'inedita situazione?

«È giusto, anzi indispensabile che il presidente del Consiglio si consulti con i leader delle forze politiche che appoggiano la sua maggioranza, perché gli argomenti che riguardano l'indirizzo politico del Paese sono molti. Un aspetto diverso è quello relativo ai criteri di scelta del presidente della Repubblica. Se si torna indietro per esaminare le categorie tra le quali sono stati prescelti i presidenti, si può notare che essi sono stati scelti tra ex presidenti delle assemblee parlamentari o ex presidenti o vicepresidenti del Consiglio dei ministri. Una tendenza che ha una sua giustificazione perché comporta una conoscenza diretta o indiretta della persona da votare da parte dei membri del Parlamento».

Lei ha detto che non sarebbe strano se il capo del governo diventasse capo dello Stato, anche se sarebbe la prima volta. Ma se questo Parlamento eleggesse Draghi lui tra un anno si troverebbe a dialogare con un Parlamento diverso, in seguito alla riforma che ha tagliato il numero dei parlamentari.

«In qualche modo, è previsto dalla Costituzione, in quanto il presidente dura in carica 7 anni e il Parlamento 5, quindi ogni presidente necessariamente deve convivere e dialogare con Parlamenti diversi in maggioranze diverse. Nel corso del settennato, tutti i presidenti hanno visto cambiare maggioranze parlamentari. Questo è il motivo per il quale non si può porre come condizione per l'elezione del presidente che venga rispettata la stessa maggioranza che ha consentito la costituzione dell'attuale governo».

Eppure, proprio il premier fa capire che se questa maggioranza si spaccasse sul successore di Mattarella sarebbe difficile la sua sopravvivenza.

«Non condivido l'opinione che la formazione di una diversa maggioranza per l'elezione del presidente della Repubblica debba comportare la fine dell'esperienza dell'attuale governo. A questo si aggiunge che ciò non sarebbe opportuno sia per le condizioni del Paese, sia per il ruolo che in questo momento l'Italia può svolgere nell'Unione europea».

Qualcuno ipotizza un semipresidenzialismo di fatto con Draghi al Colle e una personalità a lui vicina a Palazzo Chigi, è solo fantapolitica?

«I poteri del presidente Repubblica sono quelli che la Costituzione attribuisce a tale carica. Possono essere usati con maggiore o minore intensità, ma non si può certo arrivare a quello che viene chiamato semipresidenzialismo, perché esso comporta, specialmente nell'applicazione francese, l'elezione popolare diretta del presidente della Repubblica. Aggiungo, però, che tutti gli ordinamenti moderni registrano un fenomeno definito di verticalizzazione del potere, che comporta un certo grado di sua personalizzazione.

Questo deriva dai legami internazionali che richiedono necessariamente la rappresentanza dell'unità dello Stato in una sola persona, oppure in un vertice che possa delegare a persone immediatamente subordinate il compito di rappresentare l'unità dello Stato».

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