Domenico Di Sanzo
Nei quattro capoluoghi del Centro Italia, se si esclude Terni dove si sono sfidati M5s e centrodestra, è stata caccia ai voti grillini. Pochi al primo turno, ma quanto basta per far pendere l'ago della bilancia in favore del Partito democratico o dello scomodo «alleato» Matteo Salvini, a Palazzo Chigi con Luigi Di Maio ma nelle città compatto insieme a Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. L'unica sfida dove i pentastellati hanno corso da protagonisti è Terni. «Un derby», definito significativamente dal segretario del Carroccio, simbolo della disfatta del centrosinistra. Ventre profondo dell'Italia «rossa», comunista dal '46 al '90, poi socialista, diessino e dem. Sempre a sinistra, se si escludono i due mandati e mezzo in cui il Comune è stato guidato da una coalizione tra Forza Italia e la vecchia Alleanza Nazionale, dal '93 al '97 con il sindaco Gianfranco Ciaurro. A febbraio 2018 il commissariamento dell'ultima giunta di sinistra capeggiata da Leopoldo di Girolamo, e ora il derby gialloverde.
Nella città umbra, al primo turno il leghista Leonardo Latini, appoggiato dal centrodestra unito, ha conquistato il 49% dei consensi, arrivando a un passo dalla storica elezione. Thomas De Luca, del Movimento 5 stelle, ha ottenuto il 25%. Solo al 15% il centrosinistra con Paolo Angeletti. Terni durante la campagna elettorale è stata teatro di alcuni tra i comizi più partecipati di Matteo Salvini, sia il 27 maggio, quando si è concesso il bagno di folla dopo il rifiuto di Conte e la crisi che si era innescata con Mattarella sul nome di Paolo Savona, sia giovedì scorso prima della sfida decisiva di ieri. Di Maio, invece, ha preferito non fare l'ultimo incontro pubblico, concretizzando una sorta di «patto di desistenza» con il socio di governo. Affluenza in calo ben di dodici punti, dal 59% al 47% di ieri. E risultato già scontato: una vittoria del candidato del centrodestra, di espressione leghista, Leonardo Latini al 63%. Il grillino De Luca è bloccato al 37%.
Ad Ancona, capoluogo delle Marche, il ballottaggio ha il sapore vintage del bipolarismo tra centrosinistra e centrodestra. Gli stellati al primo turno hanno raccolto il 17% e non hanno dato indicazioni di voto. Valeria Mancinelli, sindaco uscente sostenuto da una coalizione a guida Pd, aveva sfiorato la vittoria (47%) mentre Stefano Tombolini, candidato civico sostenuto dal centrodestra unito, era al 28%. Ancona rappresenta uno dei pochi sorrisi che questa tornata concede al Pd, con la conferma della Mancinelli al 62% dei voti. Tombolini soccombe al 37%. A Teramo, governata dal centrodestra dal 2008 al 2017, reduce da un commissariamento, partiva avanti Giandonato Morra, appoggiato da Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia. Ma il nuovo sindaco è l'esponente del centrosinistra Gianguido D'Alberto. Morra, ex assessore regionale della giunta di Gianni Chiodi, iscritto a Fdi, raccoglie il 48% e a sorpresa cede il passo a D'Alberto, candidato sostenuto dal Pd, che raggiunge il 52%.
Viterbo, città laziale «dei Papi», è il teatro di un altro «derby», però interno al centrodestra.
Con Giovanni Arena, candidato ufficiale della coalizione, che prevale con il 51% dei consensi. La sfidante, la 29enne Chiara Frontini, un passato da assessore in una giunta guidata dal Pdl, è ferma al 48% con le sue due liste civiche «Viterbo Venti Venti» e «Viterbo Cambia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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