Terre rare, punto per Kiev. C'è il rebus delle garanzie ma tornano le armi Usa

Asse con gli States rafforzato, Trump sblocca forniture per 50 milioni. "Basta mediazioni in giro per il mondo"

Terre rare, punto per Kiev. C'è il rebus delle garanzie ma tornano le armi Usa
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C'è una data da segnare con un circoletto rosso sul calendario, l'8 maggio. Quel giorno, giovedì, il Parlamento di Kiev sarà chiamato a ratificare l'accordo firmato dall'Ucraina con gli Stati Uniti per lo sfruttamento delle terre rare. Sarà uno snodo cruciale. Per Zelensky che si gioca tutto ovviamente, ma anche e soprattutto per il futuro stesso dell'Ucraina visto che da quell'accordo, per tutto quello che rappresenta, passa buona parte del futuro del Paese. Perché è chiaro ed evidente a tutti che l'intesa non riguardi solamente i minerali e, a conti fatti, fa felici sia Kiev che Washington mentre causa molta irritazione dalle parti del Cremlino.

L'accordo, arrivato dopo mesi di negoziazioni, sgarbi istituzionali, polemiche e mediazioni, ha portato a una sintesi meno sbilanciata di quanto proposto dagli Usa in prima battuta (di fatto un «tutto per nulla in cambio») e pone le basi di una parternship con vista fine della guerra, anche se nasconde alcune insidie, alla fine tutto sommato accettabili. «Successo» per entrambe le parti secondo Kiev, «pietra miliare» nel rapporto tra i due Paesi, secondo Washington con Trump che rivendica: «L'accordo darà agli Usa più di quanto hanno speso» aggiungendo, particolare non secondario, che «potrebbe inibire Putin». «Il gradimento di Trump è calato e il deep State sta opponendo una feroce resistenza», ha commentato invece il sempre estremo ex leader russo Medvedev, senza nascondere come il passo, che non significa la fine della guerra, sia comunque un passo verso l'ulteriore isolamento di Mosca. Al centro dell'accordo, senza scadenza, di fatto eterno, in cui sparisce la pretesa Usa di avere indietro quanto stanziato per gli aiuti all'Ucraina, c'è l'istituzione di un fondo di investimento per la ricostruzione Stati Uniti-Ucraina, a cui i due Paesi contribuiranno al 50%, anche se i nuovi pacchetti di aiuto americani cambieranno di fatto la ripartizione percentuale aumentando il peso americano. Non a caso, subito dopo l'ufficializzazione dell'accordo, l'amministrazione Trump ha informato il Congresso della sua intenzione di sbloccare aiuti per la difesa del valore di 50 milioni di dollari o anche oltre. Il che significa nuovi aiuti militari dopo il blocco deciso a seguito del burrascoso faccia a faccia Trump-Zelensky alla Casa Bianca.

Kiev conserva di fatto «il pieno controllo del suo sottosuolo, delle sue infrastrutture e delle sue risorse naturali» con gli utili che arriveranno tra 10 anni e che andranno in buona parte agli stati Uniti ma che comporteranno ingenti investimenti per Washington. Anche perché l'Ucraina non è particolarmente ricca di terre rare e l'accordo si fonda in maggior parte sullo sfruttamento di risorse come titanio e grafite ma anche gas naturale, petrolio e carbone che fanno parte dell'intesa. Niente Nato per Kiev ma via libera all'ingresso nell'Unione Europea e dubbi sulle garanzie di sicurezza anche se la presenza sul campo di uomini e aziende americane, rappresenta per gli Usa un deterrente nei confronti della Russia. Altro punto a favore di Trump, la Cina resta tagliata fuori dal mettere le mani sulle risorse ucraine. Punto per Kiev è la svolta dialettica americana: la Russia viene riconosciuta come Paese aggressore mentre l'Ucraina uno stato sovrano. Non poco per entrambi. E comunque, Russia a bocca asciutta e costretta a trattare su altre posizioni, con l'Amministrazione Usa che valuta nuove e più pesanti sanzioni, a braccetto con la Ue.

Il tutto mentre dalla Casa Bianca arriva un cambio di paradigma globale. La portavoce del dipartimento di Stato Tammy Bruce spiega che «Non ci metteremo più a volare dall'altra parte del mondo per mediare gli incontri», sottolineando che il tempo in cui gli «Capitan America» interviene ovunque è finito. Non adesso, però. Il vice presidente J.

D Vance sottolinea che «La guerra della Russia contro l'Ucraina non finirà tanto presto» e che serve un compromesso con il segretario di Stato Marco Rubio che conferma come le parti «si sono avvicinate, ma sono ancora distanti ed è necessaria una vera svolta in tempi molto brevi». In sostanza, l'accordo sui minerali aiuta, non basta. Ma se fa contenti tutti ad eccezione del Paese che la guerra l'ha voluta, iniziata e continuata, poco non è.

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