Terremoto, lo Stato punisce i sindaci più previdenti

Meno fondi ai Comuni che si erano assicurati. E non potranno decidere come usare il ricavato delle polizze

Terremoto, lo Stato punisce i sindaci più previdenti

Altri ostacoli di Stato sul percorso della ricostruzione post sisma. Non bastano i tempi biblici per i lavori, le procure che marcano a uomo i sindaci, la burocrazia che rallenta pure la rimozione delle macerie, l'appalto preventivo per le casette e gli undici passaggi amministrativi imposti a chi vorrebbe solo un tetto sulla testa. Ora arriva anche la punizione per chi è stato troppo previdente.

La nuova commissaria del governo, Paola De Micheli, ha firmato un'ordinanza, la numero 43 del 15 dicembre scorso che, disciplinando l'erogazione degli aiuti pubblici per la ricostruzione, prevede un inedito «scippo» ai danni dei Comuni che si sono assicurati contro il terremoto. In sostanza, l'ordinanza dice che chi ha riscosso una polizza per i danni provocati dal terremoto, riceverà un contributo dallo Stato decurtato di un importo pari al risarcimento riscosso dall'assicurazione. Una decisione che si rifà alla legge sugli aiuti al terremoto, ma che ha un senso se applicata ai privati, molto meno se riferita a un ente pubblico. Tant'è che la trentina di sindaci che dopo il terremoto dell'Aquila si era premunita di assicurare i propri edifici, sono in rivolta e si preparano a ricorrere al Tar. Nel caso di un privato infatti, lo Stato non ha l'obbligo di finanziare la ricostruzione della casa, ma dopo ogni terremoto alla fine i governi hanno deciso di intervenire in aiuto di chi ha perso il tetto. Ed è normale che se io posseggo una casa e l'ho assicurata, me la ricostruisca usando i soldi della polizza e non quelli pubblici. Per i Comuni è diverso: non assicurano un solo bene ma stipulano una polizza «a ombrello», destinata a coprire qualunque bene pubblico comunale risulti danneggiato. Un'assicurazione di questo tipo si riverla preziosa per pagare eventuali beni danneggiati che lo Stato non rifonde perché considerati non essenziali, ad esempio un impianto sportivo, e soprattutto dà al sindaco la certezza di ricevere i soldi in tempi brevi, senza le lungaggini delle casse pubbliche.

«Tutto per risparmiare un centinaio di milioni, con la solita mentalità centralista -protesta il sindaco di Ascoli Guido Castelli- Noi abbiamo pagato una polizza di oltre 100mila euro l'anno e incassato quasi sei milioni di euro e ora lo Stato non solo ci decurta i fondi e non ci rimborsa i premi pagati, ma vuole anche decidere come spendiamo il ricavato della polizza, punendo chi è stato previdente». Il paradosso è che dopo aver inserito nella manovra sgravi per chi si assicura contro il pericolo sisma (il 19% del premio è detraibile ed è stata eliminata una tassa che gravava sulle assicurazioni) questa mossa potrebbe costituire un potente freno. Quale sindaco si assicurerà, sapendo che poi i fondi finiranno nel calderone pubblico e il premio annuale pagato da chi è stato previdente non sarà in nessun modo ricompensato?

Da anni si parla di favorire o addirittura rendere obbligatoria l'assicurazione anti sismica. Ci aveva pensato Monti nel 2012 e lo aveva auspicato il ministro Graziano Delrio dopo il disastro di Amatrice, di fatti se ne sono visti pochi. E ora addirittura è arrivata una decisione che rema nel senso opposto. Il risultato è che in Italia solo una casa su 50 è assicurata contro le catastrofi naturali, e le polizze specifiche anti terremoto, dati dell'Ania, sono ancora meno: solo 188mila su quasi 9 milioni di polizze danni sugli immobili.

Del resto, da un sondaggio dell'Ania, l'associazione che rappresenta le compagnie, nelle regioni a rischio sismico oltre il 50 per cento dei cittadini è convinto che sia un obbligo di legge che lo Stato risarcisca i danni da sisma. Invece è una decisione politica rinnovata di volta in volta. Almeno finora.

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