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"Il terzo settore salvato in extremis"

La deputata di Italia Viva Maria Chiara Gadda: "Dopo tante pressioni il governo lo ha inserito nel dl Aiuti. Bollette, per gli enti di assistenza ai più deboli una mazzata insostenibile"

"Il terzo settore salvato in extremis"

«L'esecutivo si stava dimenticando del Terzo settore, senza il quale il Paese si ferma». Tira un sospiro di sollievo Maria Chiara Gadda, deputata e segretaria regionale lombarda di Italia Viva, ora che, dopo appelli e pressioni sul governo, quest'ultimo ha inserito in extremis anche il Terzo settore nel dl aiuti «ter» a imprese e famiglie contro il caro-bollette. Nell'ultimo sostanzioso pacchetto di aiuti risultava infatti completamente escluso un sistema che occupa 900mila lavoratori, cinque milioni di volontari, genera un volume economico pari al 5 per cento del Pil, ma soprattutto gioca un ruolo fondamentale nell'assistenza agli anziani e alle fasce deboli della popolazione. Un mondo che la Gadda conosce molto a fondo avendo personalmente partecipato alla stesura della legge antisprechi sulle donazioni e alla riforma del terzo settore appunto.

«Nel decreto aiuti bis del governo, che garantisce sostegni a famiglie e imprese, il Terzo settore non era compreso e ciò era di una gravità inaudita perchè il caro-energia si sta abbattendo mortalmente sui bilanci di enti che forniscono servizi chiave sul territorio nell'interesse generale. Basti pensare alle strutture Rsa, ai servizi di assistenza per i disabili e agli asili». E oggi appare paradossale che l'onorevole Gadda, che è una moderata, abbia dovuto fare pressioni sul dem Andrea Orlando, ministro del Lavoro ma anche delle Politiche sociali. «Spettava a lui dover inserire il Terzo settore nel primo decreto aiuti, anche perchè stiamo parlando di enti no profit che in Italia si sostengono quasi esclusivamente sulle donazioni e sul 5 per mille. Un mondo che comprende le Rsa e le strutture semiresidenziali per disabili, ma anche i banchi alimentari, il banco farmaceutico, gli asili nido. «Ora si è intervenuti - dice - ma restano però fuori gli enti che non si sono ancora iscritti nel terzo settore (diverse fondazioni e associazioni); il prossimo parlamento dovrà convertire questo decreto e bisognerà ragionare su risorse aggiuntive. É un rammarico che si debba sempre inseguire, manca la consapevolezza del ruolo e delle attività che svolge il terzo settore in ambiti strategici».

Col decreto ter il governo ha finalmente messo la cosiddetta pezza, a parziale salvaguardia di attività che in molti territori rappresentano un punto di riferimento per la tenuta sociale ed economica delle fasce più fragili della popolazione: «Si è ottenuta una risposta dopo il pessimo scivolone, ma comunque le risorse stanziate non riescono a coprire ancora tutte le necessità ed è un problema perché il non profit fa molti servizi essenziali per i cittadini anche laddove lo Stato non riesce a rispondere».

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