La testa è calda. E lo confermano anche i colleghi di Montecitorio, infastiditi dalla piazzata di Riccardo Ricciardi contro la Lombardia. «Sicuramente è un tipo focoso, anche se non ci aspettavamo una sfuriata del genere, ma ormai è andata come è andata...», sospira un deputato vicino a Luigi Di Maio. Ma Ricciardi, vice capogruppo grillino alla Camera, ci tiene ad apparire come un duro e puro. A partire dall'orecchino e dalla barba folta. Sicuramente uno di quelli che, almeno a parole e nello stile, non vuole farsi addomesticare con le pose vellutate del Palazzo. Uno dei pochi. In un M5s dove abbondano le grisaglie, i visi puliti e le acconciature da bravo ragazzo modello Di Maio. È uno degli uomini più vicini al presidente della Camera Roberto Fico e come lui ha la pretesa di essere uno dei «custodi» di un'ortodossia stellata che non esiste più, assorbita in toto dai riti della politica. Una presunta purezza ormai ridotta a dettaglio estetico.
La biografia di Ricciardi è più eloquente del suo discorso pronunciato in Aula. Giustizialista, ambientalista, se vogliamo idealista. Di professione prolifico regista e autore teatrale e cinematografico. Scorrendo il curriculum presente sul sito dell'associazione anti-corruzione Riparte il Futuro troviamo decine di produzioni e spettacoli a partire dal 2003, tre anni prima della laurea in Cinema, Musica e Teatro all'Università di Pisa. Tra i tanti titoli balza all'occhio «Black Bloc», monologo scritto nel 2015 dal futuro deputato grillino. Questa la scheda dell'opera: «un lungo lavoro di ricerca sui modi e i metodi di lotta che esistono nel mondo della contestazione ai giorni nostri». E ancora: «un tentativo per capire quali possono essere i pensieri e le spinte che portano un ragazzo a compiere quelle azioni, cercando di uscire dalla semplificazione che i media, troppo spesso, tendono a fare, etichettando con un marchio quello che fondamentalmente è sempre e semplicemente un essere umano». Quindi la chiosa: «Ed ogni essere umano, dal più stimabile al più spregevole, racchiude in sé un mondo, che ci piaccia o no». Importante l'esperienza di direttore artistico di tre edizioni (2015, 2016 e 2017) del festival culturale Memofest di Seravezza, in provincia di Lucca. Tra gli ospiti di quegli anni Sandro Ruotolo, Piercamillo Davigo, Ilaria Cucchi, Piergiorgio Odifreddi e Francesco De Gregori. Il da poco 38enne Ricciardi (ha compiuto gli anni l'8 maggio) in gioventù si è sempre dato da fare. Mentre frequentava l'università ha lavorato come gelataio al Pub Wolfy di Massa, operaio in un campeggio sul litorale grossetano e «Assistente pizzaiolo» alla pizzeria Missy di Montignoso in provincia di Massa e Carrara.
Prima dell'elezione alla Camera, arrivata nel 2018, è stato consigliere comunale a Massa, la sua città. Nel 2013, da candidato sindaco del M5s, ottenne il 12% dei voti e in campagna elettorale promise: «Se vinco io farò venire la Guardia di Finanza a ispezionare i conti in Comune».
Già allora era fissato con l'idea di un M5s senza leader. All'epoca non ce la fece a indossare la fascia tricolore, ma nel giro di cinque anni ha staccato il biglietto per Montecitorio. Dove ha cercato sempre di controllarsi, almeno fino a ieri.
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