Cronache

"La Thailandia al popolo". Marce e lettere contro il re

Il messaggio in una targa vicino al Grand Palace di Bangkok. Le proteste non si fermano

"La Thailandia al popolo". Marce e lettere contro il re

Ieri mattina, i manifestanti che da sabato si sono radunati al Sanam Luang, uno spazio pubblico proprio di fronte al Grand Palace di Bangkok, per protestare contro il governo del generale Prayuth Chan-ocha e contro la monarchia del re Maha Vajiralongkorn, hanno posizionato una targa commemorativa sul terreno reale. «Il popolo ha espresso l'intenzione che questo Paese appartenga al popolo e non al re», si legge nel cartello installato sul pavimento insieme alla data del 20 settembre 2020. Di fatto, questa nuova insegna, sostituisce quella scomparsa misteriosamente nell'aprile 2017 proprio dopo che il nuovo monarca ha preso il potere in seguito alla morte di suo padre, l'amato re Bhumibol Adulyadej che commemorava la rivoluzione siamese del 1932, dove la Thailandia è passata da monarchia assoluta a costituzionale.

Subito dopo, i manifestanti, che inizialmente avevano dichiarato di volersi dirigere alla Government House, hanno cambiato programma e hanno provato a marciare verso la residenza del sovrano. L'obiettivo era quello di dare a mano una lettera direttamente ai consiglieri del re. Ma sono stati fermati dai numerosi agenti presenti e dai blindati pronti ad entrare in azione e si sono dovuti accontentare di consegnarla a Pakpong Pingpetra, il capo della polizia metropolitana di Bangkok.

«La più grande vittoria di tutte è che le persone comuni come noi possono inviare una lettera alla monarchia», ha detto alla folla Parit Chiwarak, uno degli organizzatori della protesta, prima di annunciare «ulteriori azioni per aumentare la pressione sull'establishment».

I manifestanti si sono dati appuntamento per il 24 settembre davanti al Parlamento e hanno indetto uno sciopero generale per il 14 ottobre, nell'anniversario della rivolta studentesca del 1973, chiedendo alle persone anche di ritirare i loro soldi dalla Siam Commercial Bank (SCB), di cui il re Maha Vajiralongkorn è il maggiore azionista.

Il movimento che è sceso in strada dalla fine di giugno, per lo più formato da giovani senza dei veri e propri leader, che è nato ispirandosi alle proteste a favore della democrazia di Hong Kong, è ora supportato anche delle «camicie rosse», veterani degli scontri con le «camicie gialle» filo governative, che nel 2010 hanno messo a ferro e fuoco la capitale. Insieme chiedono le dimissioni di Prayut, una nuova costituzione, elezioni imminenti, la fine della repressione contro gli oppositori politici, la riduzione dei poteri della monarchia e un controllo sull'enorme fortuna del Palazzo.

Il re Maha Vajiralongkorn che è stato anche criticato dai manifestanti perchè trascorre la maggior parte del suo tempo in Germania da quando è salito al trono ha rafforzato la sua autorità, portando la ricchezza della corona e delle unità chiave dell'esercito sotto il suo diretto comando.

Il dottor Paul Chambers, consigliere speciale per gli affari internazionali dell'Università di Naresuan, ha detto che questo tipo di proteste non ha precedenti in Thailandia e che le manifestazioni «stanno spostando le regole su ciò che può essere discusso in pubblico». Fino ad ora, infatti, non era mai stata contrastata la monarchia. Il regnante è sempre stato considerato al di sopra di tutto e tutti. E nessuno si è mai permesso di criticarlo, anche grazie ad una delle leggi più severe al mondo sul reato della lesa maestà, che punisce il reato fino a quindici anni di reclusione.

«Le manifestazioni potrebbero facilmente portare alla caduta del governo di Prayuth, sebbene potrebbero anche produrre una reazione brutalmente repressiva da parte dell'esercito», ha aggiunto l'esperto.

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