Magistratura

Toghe rosse contro il governo: basta leggi anti-clandestini

Magistratura democratica entra a gamba tesa sullo stop alla protezione speciale: "Farà aumentare i morti"

Toghe rosse contro il governo: basta leggi anti-clandestini

Abitudine dura a morire, quella di opporsi alle leggi prima ancora che vengano emesse cercando di esercitare una sorta di diritto di veto preventivo. Magistratura democratica ieri torna a riunire il suo vertice nazionale, in una situazione che vede la corrente delle toghe rosse in difficoltà come non mai, spaccata al suo interno e in minoranza all'interno del Consiglio superiore della magistratura. E cerca di rilanciarsi chiamando la categoria alla mobilitazione contro il governo di centrodestra. Bersaglio: il progetto di modifica delle norme sul permesso di soggiorno per gli immigrati, che punta a eliminare la cosiddetta «protezione speciale», il più utilizzato tra gli strumenti che consentono agli extracomunitari di restare in Italia.

Da tempo cavallo di battaglia della Lega, il progetto è da venerdì scorso entrato ufficialmente nell'agenda di governo, con un emendamento di maggioranza che verrà portato in Parlamento in fase di conversione del decreto legge varato dopo la tragedia di Cutro. Testo e dibattito in aula sono ancora di là da venire ma intanto il consiglio nazionale di Md parte lancia in resta utilizzando un vocabolario impegnativo. L'argomento principale contro l'ipotesi governativa è l'obiezione più spesso usata dai magistrati di sinistra contro le norme che non condividono: violerebbe la Costituzione.

«I giuristi hanno il dovere di mettere in campo ogni iniziativa a tutela delle norme costituzionali e convenzionali che lo stesso Presidente della Repubblica chiama ad attuare», scrive il plenum di Md. Quali siano queste norme non è chiarissimo, Md cita l'articolo 10 della Costituzione che però richiama solo al rispetto delle convezioni internazionali, e l'articolo 8 della convenzione europea dei diritti dell'uomo che dice solo che «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza». Principi tanto ovvi quanto generici, come si vede.

Ma non fa niente. D'altronde l'ingerenza preventiva di Md nell'autonomia del Parlamento è una consuetudine antica, esercitata non solo contro i provvedimenti in materia di giustizia - sui quali è più ovvio che le correnti vogliano dire la loro - ma sulla qualunque. Solo negli ultimi anni Magistratura democratica se l'è presa contro i decreti sicurezza («operazione di marketing») contro il disegno di legge Pillon sull'affido («una controriforma devastante», contro le norme sulla legittima difesa («uno strappo alla Costituzione»). E via di questo passo.

Ieri la nuova puntata, col documento approvato all'unanimità. «Md non intende rimanere in silenzio», esordisce il testo annunciando l'adesione alla manifestazione della Cgil e di numerose associazioni prevista nella Capitale per domani, quando inizierà l'iter parlamentare di conversione del decreto Cutro. Il testo originale del decreto, secondo Md, già era «un provvedimento che colpisce la vita e le relazioni di persone ormai integrate nel nostro Paese senza ridurre in alcun modo al tragedia delle morti in mare»; con l'emendamento in arrivo ci saranno conseguenze «tali da consegnare il nostro Paese in una situazione quasi unica di illegalità internazionale». E ancora: «La situazione di incertezza che si potrebbe produrre aumenterà il numero dei morti e degli irregolari. I più poveri e vulnerabili, anziché essere sostenuti e integrati, verranno definitivamente trasformati nei fantasmi delle nostre paure e in bersaglio dei processi espulsivi e di criminalizzazione».

Magistratura democratica è in buona compagnia, a firmare l'appello per la manifestazione di domani c'è tutto il mondo dell'associazionismo di sinistra, dall'Arci all'Anpi, insieme a centri sociali e Ong (tra cui Medici senza frontiere, sotto inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina). Rispetto agli alleati, le toghe di sinistra hanno un'arma in più: se la legge passa la disapplicheranno.

«Nelle aule dei tribunali - promettono - i giudici saranno certamente chiamati a dare applicazione diretta a quelle norme costituzionali e convenzionali che trovano il loro fondamento di legittimità nell'espansione del diritto alla vita e alla dignità di tutte le persone».

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