Toghe senza macchia. Sanzioni disciplinari cancellate dal curriculum

Il Csm tutela la casta: d'ora in poi tutti i provvedimenti disciplinari spariranno dal curriculum dopo un "periodo congruo"

Toghe senza macchia. Sanzioni disciplinari cancellate dal curriculum

I panni sporchi si lavano in famiglia. Il detto vale soprattutto per i magistrati. Che oltre ad auto-giudicarsi, adesso vogliono pure smacchiare la propria fedina disciplinare. La delibera approvata il 31 maggio dal plenum del Csm punta proprio alla riabilitazione di quelle (poche) toghe che hanno subito una sanzione.

Come è possibile che i dipendenti scolastici della Pubblica amministrazione, i notai e quelli della Pubblica sicurezza possano vedersi ripulita la propria reputazione e noi no? È questo, parafrasando, il preambolo contenuto nelle 12 pagine del documento delle toghe. Che poi, pur citando la sentenza 289/1992 della Consulta che ha escluso la possibilità dell'applicazione ai magistrati della riabilitazione prevista per gli impiegati civili dello Stato, scrivono che «tale situazione può certamente essere cambiata con un intervento normativo». Da qui l'invio degli atti al ministero della Giustizia «perché si legge nella delibera - adotti ogni iniziativa al fine di introdurre una apposita disciplina legislativa che permetta l'estensione anche al personale magistratuale dell'istituto della riabilitazione».

In sostanza, Palazzo dei Marescialli vuole che «dopo un congruo periodo di ineccepibile esercizio delle funzioni e buona condotta, si possano eliminare gli effetti della sanzione» e, su istanza della toga, richiederne la cancellazione dal proprio curriculum. Parliamo di sanzioni non gravi, cioè ammonimento e censura, comminate per esempio per il ritardo nel deposito di una sentenza o per sviste o negligenze lievi. Sanzioni che però rappresentano un marchio infamante per i giudici, soprattutto se compromettono i giudizi comparativi per accedere a posti di rilievo, come quelli di presidente di tribunale o di procuratore. In sostanza, le prospettive di carriera. Immaginate un togato «incensurato» a cui venga soffiato il posto da un collega che in passato è stato redarguito. Probabilmente penserebbe che non c'è giustizia nella giustizia. Senza considerare poi che, a dispetto di altre categorie professionali, la condotta del magistrato dovrebbe avere come prerogativa basilare l'ineccepibilità.

Ma a spiccare in realtà è l'eccezionalità del nostro sistema giudiziario. Basti ricordare le parole-denuncia del primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio: «Un potere dello Stato con migliaia e migliaia di magistrati, dove le valutazioni di professionalità sono positive per il 99,7%, evidenzia un deficit». È il sempiterno cortocircuito per cui cane non mangia cane e magistrato non mangia magistrato. Ne sa qualcosa il togato di Cagliari che, come scrive Il Dubbio, ha superato l'ultima valutazione di professionalità (fino alla pensione non sarà più giudicato) nonostante avesse depositato una sentenza dopo sei anni. Non proprio un esempio di produttività.

Eppure il Csm lo ha promosso. Sulle sanzioni, la sostanza non cambia. Ogni anno, su circa 190 procedimenti, poco meno del 50% dei processati subisce un ammonimento o una censura. Rarissime le sospensioni, non pervenute le rimozioni.

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