Bombe carta, fuochi d'artificio ad altezza uomo, pietre ed estintori: gli antagonisti sono arrivati pronti allo scontro alla manifestazione per Askatasuna dopo il sequestro dell'immobile occupato da 29 anni. Hanno tentato di sfondare il cordone di polizia disposto a tutela di corso Regina Margherita dove sorge l'edificio ma sono stati respinti con decisione dagli agenti in tenuta antisommossa con cariche di alleggerimento e idranti. È stata una vera e propria guerriglia durata circa mezz'ora, dopo la quale il corteo è riuscito a ricompattarsi per ripartire ma senza arrivare a nuovi scontri, anche grazie al poderoso cordone di sicurezza che le forze dell'ordine hanno predisposto per impedire il raggiungimento dei punti sensibili. Secondo fonti di polizia sentite da il Giornale, sono stati oltre 120 i lacrimogeni sparati per respingere gli attacchi. Il bilancio segna almeno 9 feriti tra gli agenti.
A Torino si sono riversati antagonisti da tutto il Paese ed era prevedibile che si verificassero scontri, anche violenti, come dimostra l'invio di centinaia di agenti in città da altre parti d'Italia. La minaccia contro la polizia, e contro lo Stato, correva da giorni nella rete degli antagonisti: "Dicono che Torino sarà la nuova Val Susa: noi dalla Val Susa abbiamo imparato a lottare a testa alta e con il sorriso. Fuori le truppe di occupazione. Sarà dura, per loro", è il messaggio che è rimbalzato nelle ore precedenti al raduno che, dopo essere stato annunciato in piazza Santa Giulia, è stato spostato davanti a Palazzo Nuovo, sede dell'università di Torino. "Dove hanno costruito un fortino noi metteremo in campo il sapere che la Val Susa ci ha insegnato", hanno minacciato dal microfono prima della partenza del corteo, che all'inizio ha visto in prima fila famiglie e bambini e poi si è trasformato nel solito gruppo violento, con gli incappucciati che hanno fatto la loro comparsa dietro lo striscione poco prima di entrare a contatto con lo schieramento di polizia. Domenico Pianese, segretario del Sindacato di Polizia Coisp, ha sottolineato che "difendere Askatasuna, o ammantare di narrazioni ideologiche la sua chiusura, significa coprire l'illegalità e autorizzare implicitamente chi pensa di potersi sostituire allo Stato di diritto".
Prima che scoppiasse la guerriglia, dai megafoni sono stati annunciati i prossimi appuntamenti contro il sequestro dello stabile, che sono stati pianificati ampiamente dopo il termine delle vacanze di Natale: il 17 gennaio è stata convocata l'assemblea nazionale a Torino in vista del corteo nazionale che è stato fissato per il 31 dello stesso mese, sempre nel capoluogo piemontese. Tuttavia, potrebbero scendere in strada anche la notte di San Silvestro per mettere in difficoltà l'apparato di sicurezza che, quel giorno, è sotto stress per i festeggiamenti dell'ultimo dell'anno. "Askatasuna non è un palazzo", hanno scandito più volte a voler sottolineare che anche senza una sede ufficiale, ormai persa, continueranno nella loro attività per perseguire i propri obiettivi. Al termine della manifestazione sono state proiettate scritte come "Meloni dimettiti", "Aska libero", "Sbirri di m", "Sindaco infame". Anche Zerocalcare, fumettista da sempre legato al centro sociale torinese, ha voluto lasciare il proprio messaggio al corteo, anche se ha preferito non presentarsi: "Non mi immagino Torino senza Askatasuna e spero che questo non accadrà mai".
Chi, invece, era presente al corteo erano diversi esponenti del gruppo di Avs eletti sia in Consiglio comunale, dove sono parte della maggioranza, sia in Consiglio regionale dove siedono all'opposizione.
"Che un assessore comunale di Torino partecipi ad un corteo violento che lancia razzi contro le forze dell'ordine e mi minaccia espressamente costituisce un problema etico di presentabilità istituzionale e sbugiarda le parole di condanna del sindaco Lo Russo sulle proteste violente", ha dichiarato Maurizio Marrone, assessore regionale di Fratelli d'Italia alle Politiche Sociali, preso di mira durante il corteo ma anche nelle ore precedenti, come testimonia la scritta comparsa su uno dei muri nei pressi del centro sociale: "Marrone datte fuoco".