Elezioni Regionali 2019

Torna il centrodestra a valanga L'Umbria rossa diventa azzurra

La svolta dopo 49 anni: l'alleanza sfiora quasi il 60% Bocciata l'avventura della coalizione tra dem e M5s

Torna il centrodestra a valanga L'Umbria rossa diventa azzurra

Più che una sconfitta è una débâcle. L'Umbria rossa non c'è più. Vince, anzi stravince il centrodestra che raggiungerebbe percentuali vertiginose, forse il 60 per cento. Ma quel che conta, mentre i numeri si assestano, sono i distacchi fra le due coalizioni: 20-22 punti. Un abisso. La fine dell'egemonia iniziata con la Liberazione, ma anche una bocciatura senza appello dell'esperimento giallorosso, varato in extremis per scongiurare l'avanzata irresistibile della Lega a trazione salviniana. Invece il rassemblement formato da Partito democratico e Cinque stelle non andrebbe oltre un modesto 35-36 per cento. Con i pentastellati in caduta libera, sotto la linea del 10 per cento. In definitiva, l'avvocato Donatella Tesei è la nuova governatrice e Vincenzo Bianconi, l'albergatore di Norcia, non tocca palla.

C'è da dire che la precedente governatrice, Katiuscia Marini, si era dimessa perché travolta dall'inchiesta sulla sanità innescata dalle denunce dei 5 Stelle. Cosi, quando Luigi Di Maio aveva raggiunto l'accordo con Nicola Zingaretti per lanciare un candidato comune, i suoi colonnelli fra Perugia e Terni l'avevano presa male.

Ma, naturalmente, le dinamiche interne si sposano con il trend nazionale: la Lega già alle Europee di maggio aveva raggiunto uno spettacolare 38 per cento. I risultati di questa tornata sono in linea con quella tendenza e il partito di Salvini si dovrebbe confermare, raccogliendo fra il 37 e il 43 per cento. Fratelli d'Italia, che alle Europee aveva battuto di un'incollatura Forza Italia portando a casa il 6,58 per cento, cresce ancora e potrebbe arrivare a un clamoroso exploit a due cifre (6-10). Più modesta la performance degli azzurri che non andrebbero oltre l'8 per cento, anche se le truppe berlusconiane esprimono il giovane e dinamico sindaco di Perugia, Andrea Romizi.

Dall'altra parte pare inarrestabile il declino dei Cinque stelle che a maggio si erano aggrappati ad un 14,63 per cento non esaltante ma comunque dignitoso e ora scendono ancora, con l'asticella sotto il 10% (7-13).

Più contenuta la caduta del Pd: a maggio aveva raggiunto il 23,98 per cento, ora starebbe in una forbice compresa fra il 18 e il 22 per cento. Meno peggio dei compagni di cordata, ma si tratta di un partito che, nelle sue diverse formulazioni, ha governato ininterrottamente per settant'anni e ora deve ripiegare la bandiere e lasciare le stanze del potere. È la fine di un ciclo che pareva eterno, annunciata negli ultimi anni dalla caduta del 62 per cento delle vecchie amministrazioni progressiste.

Dunque, anche l'Umbria cambia colore, in un gioco del domino che pare inarrestabile e che mette in grande sofferenza il governo guidato da Giuseppe Conte. Le incursioni affannose negli ultimi giorni di Di Maio e Zingaretti, e la comparsa finale di Conte, che pure era stato consigliato di tenersi alla larga da una probabile disfatta, non sono servite ad arginare il malcontento popolare e a spostare i pesi di una sfida finita prima ancora di cominciare.

La foto di Narni, con tutti i capi del centrosinistra allineati e sorridenti, va rapidamente in archivio. E porrà più di un problema a Roma, costretta a replicare la stessa formula nelle prossime competizioni elettorali. Con in più l'imbarazzo di uno sghignazzante Renzi che, sfilatosi dalla foto di famiglia, sussurra: «Ve l'avevo detto...».

La verità è che il popolo postcomunista, a cominciare dai sempre evocati operai di Terni, è passato armi e bagagli alla Lega e al centrodestra.

Resta solo da capire se il «contagio» arriverà anche a Bologna, a gennaio, e poi a Firenze, in primavera. Un'eventuale sconfitta in quelle regioni infatti non potrebbe essere derubricata a fatto locale.

Ma nel suo piccolo anche il cambio di passo dell'Umbria è un fatto epocale.

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