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Torna il ministero contro il Vizio. La "polizia morale" punirà i comportamenti inadeguati

Torna il ministero contro il Vizio. La "polizia morale" punirà i comportamenti inadeguati

Previsto, temuto, conosciuto e già tristemente sperimentato, torna in Afghanistan il ministero della Promozione della Virtù e della Prevenzione del Vizio. Incubo degli afghani e soprattutto delle donne, che sulla propria pelle ne hanno saggiato la ferocia durante il primo Emirato islamico dell'Afghanistan, il nuovo dicastero si occuperà di far rispettare la sharia, la legge basata sul Corano, nella sua interpretazione più rigida, obsoleta ed estremista, come vogliono i talebani. L'annuncio del bis è arrivato alla presentazione del nuovo esecutivo, tre giorni fa, ma nell'elenco dei ministeri distribuito dai nuovi padroni di Kabul l'unico a non essere tradotto dalla lingua pashtu all'inglese era proprio il nome del dicastero contro il «vizio». Strategia per dissimulare di fronte ai media le pessime intenzioni dei talebani in tema di diritti umani? Chissà. Quel che è certo è che lo sceicco Mohamad Khalid, un religioso semi-sconosciuto, sarà il nuovo ministro «ad interim» e che a garantire la piena e corretta applicazione della sharia sarà il braccio armato del dicastero, la polizia religiosa. Agli agenti sarà affidato il compito di controllare l'ordine e il rispetto della morale islamica e soprattutto di punire i trasgressori, come i miliziani hanno già fatto contro chi ha osato scendere in strada per chiedere libertà e diritti e contro i giornalisti del quotidiano di Kabul Etilaat Roz che riportavano la notizia, frustati e bastonati. Le proteste sono andate in scena di nuovo ieri nella capitale Kabul, a Mazar-i-Sharif, Kunduz e nelle province di Parwan, Nimruz e Kapisa, segno che il dissenso c'è e prova a farsi sentire.

Ma i «comportamenti inadeguati» e gli «atti immorali» hanno un prezzo. Lo sanno bene gli afghani che hanno assistito tra il 1996 e il 2001 alla barbarie quotidiana degli uomini puniti per una barba troppo corta, delle donne frustate e lapidate per strada per non avere indossato il burqa, per aver frequentato una scuola, per non essere uscite di casa accompagnate da un guardiano maschio e persino per aver chiesto l'elemosina. Il copione è pronto a ripetersi, altrettanto rigoroso e spietato, con la polizia morale chiamata a verificare che nessuno ascolti musica in pubblico, che non si consumi alcol, che la separazione tra uomini e donne sia applicata ovunque è prevista, adesso anche nelle aule universitarie, che le donne siano coperte dalla testa ai piedi. Il modello a cui i talebani si ispirano è il Comitato per l'imposizione della virtù e l'interdizione del vizio in funzione in Arabia saudita, uno dei Paesi in cui il wahabismo, l'interpretazione più rigida ed estrema dell'Islam, è religione di Stato e la sharia legge. Anche la polizia morale che i talebani manderanno per le strade ricorda molto da vicino proprio la temuta Mutawwi'a saudita e il Basij della Repubblica islamica dell'Iran, le due forze ufficiali, riconosciute dall'ordinamento giuridico, che terrorizzano la popolazione con i loro metodi violenti e le punizioni pubbliche.

L'annuncio della rinascita del ministero coincide con la fine del ministero per gli Affari femminili in vigore durante il governo del presidente Hamid Karzai. E fa tremare soprattutto le donne, principali vittime della sua ferocia, nonostante ieri i talebani abbiano continuato a promettere che nel prossimo governo, dopo quello «provvisorio» annunciato il 7 settembre, «ci saranno posti per le donne», fino a qui totalmente escluse dalla vita istituzionale e già al centro di pesanti limitazioni. Invitate dai nuovi padroni dell'Afghanistan a restare a casa, senza lavorare né studiare, «per ragioni di sicurezza», le donne continuano a essere sventolate come merce di scambio da parte del regime a caccia di riconoscimento internazionale. Intanto il buio continua a calare sull'Afghanistan. I talebani ieri hanno messo fuori uso Internet in varie zone di Kabul.

E l'Onu conferma quello che tutti gli afghani sanno già: le accuse di omicidi per rappresaglia, contro chi ha collaborato con le forze occidentali e si è opposto ai talebani, sono «credibili».

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