Quel totem ideologico che ha generato Schlein

Da quell'ormai lontano 2008 il Pd non ha mai vinto un'elezione da solo, anzi in realtà il centrosinistra non ha mai vinto elezioni e le volte che il Pd è andato al governo lo ha fatto partecipando a maggioranze parlamentari con coalizioni concorrenti

Quel totem ideologico che ha generato Schlein
00:00 00:00

Magari nel Pd una riflessione andrebbe fatta non fosse altro per comprendere ciò che ha prodotto il metodo delle primarie nella scelta della leadership. Parlo delle primarie di partito, non di quelle di coalizione che servono ad individuare il candidato premier e quindi sulla carta hanno ben altro compito. Ebbene, le primarie di partito furono un'invenzione dell'"era veltroniana" quando il Pd aveva l'ambizione di poter rappresentare da solo, con l'aggiunta di qualche formazione gregaria, un'alternativa di governo sul modello dei democratici americani. Sarà un caso ma quell'obiettivo non è mai stato raggiunto.

Da quell'ormai lontano 2008 il Pd non ha mai vinto un'elezione da solo, anzi in realtà il centrosinistra non ha mai vinto elezioni e le volte che il Pd è andato al governo (non poche) lo ha fatto partecipando a maggioranze parlamentari con pezzi di coalizioni concorrenti come avvenne con i governi Letta, Renzi e Gentiloni (nati prima in alleanza con Forza Italia e poi con gli scissionisti azzurri guidati da Alfano), con il governo Conte "due" (in alleanza con i 5stelle) e con il governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi.

Si può dire che le primarie di partito non hanno portato bene al Pd. Anche perché hanno sempre penalizzato la componente riformista in favore delle aree più identitarie o populiste. La stessa vittoria di Matteo Renzi su Bersani, inutile nasconderselo, ebbe all'epoca una forte impronta populista ma si parla comunque di un partito che nelle europee del 2014 raggiunse il 40,8%. Il fenomeno ha avuto contorni eclatanti nella vittoria di Schlein su Bonaccini: Elly ha perso il confronto tra gli iscritti al partito ma poi ha vinto le primarie anche grazie - se ne parlò all'epoca - di una presenza nelle urne di voti provenienti dai 5stelle e dalla sinistra più radicale. Un esempio di scuola di quella tecnica dell'"entrismo" inventata 100 anni fa da Lev Trotsky per spostare i partiti socialisti su posizioni più radicali.

Nulla di nuovo, insomma, la Storia si ripete.

Solo che potrebbe trasformarsi in una strada senza ritorno. Con questo meccanismo e queste regole, infatti, l'obiettivo dell'ala riformista, teorizzato nei convegni di questi giorni, di riprendere il controllo del Pd o di concorrere a spostarlo su posizioni più riformiste appare perlomeno velleitario. Quel "si rassegni chi ha nostalgia del vecchio Pd" pronunciato l'altro giorno dalla Schlein è emblematico. Solo che c'è il rischio che si crei un circolo vizioso: l'attuale leadership può consolidare il suo controllo sul Pd su posizioni più radicali, per usare un'espressione di moda in questi giorni può "cambiare pelle" al partito, ma nel contempo crea le condizioni per cui la coalizione di centro-sinistra come nelle elezioni precedenti non vinca mai. Di più il Pd finisce a rimorchio di componenti organizzate minoritarie che gli dettano la linea: la Cgil per la politica economica, l'Associazione nazionale magistrati per il referendum sulla giustizia. Inoltre si creano le premesse dentro la coalizione di una corsa a tre tra Pd versione Schlein, sinistra radicale e 5stelle verso l'elettorato identitario di sinistra che riduce però la capacità di rappresentanza dello schieramento: l'esatto contrario del fine per cui trent'anni fa il Pd adottò le primarie. Infine emerge una grande contraddizione foriera di guai: la componente "riformista" che da un rapido esame appare la più presente nei ruoli di governo degli enti locali non fosse altro perché si rivolge ad un elettorato più ampio, nel partito conta poco e niente. Si crea, nei fatti, una sorta di dicotomia nel Pd tra l'area movimentista e quella di governo.

Peggio di così! Per ovviare a queste involuzioni esistono solo due strade. O i "riformisti" decidono di partecipare alla nascita di un altro soggetto politico con le componenti moderate e centriste del campo largo con l'intento di spostare il baricentro della coalizione: ma dovrebbero avere il coraggio di fare a meno delle garanzie (posti in lista, etc.) che in un modo o nell'altro gli assicura il Pd; o dovrebbero mettere in discussione il metodo delle primarie interne mantenendo solo quelle di coalizione, le uniche che hanno un senso.

Facile a dirsi, ma complicato a farsi perché dovrebbero cancellare il peccato originale, l'invenzione di Veltroni, nata per aprire il Pd e diventate la camicia di forza con cui l'area radicale chiude la porta a nuove istanze. È un vecchio vizio della sinistra quello di trasformare anche lo strumento più liberale sempre e comunque in un totem ideologico.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica