Il traguardo di Orogel, simbolo del miracolo italiano

Una foto in bianco e nero del 1975 documenta l'allora ministro dell'agricoltura, Giovanni Marcora, intento, con la cazzuola, a cementare il primo mattone dello stabilimento Orogel a Cesena. Vicino a lui vigila attento un giovanotto: è Bruno Piraccini, ispiratore e fondatore della cooperativa di vegetali surgelati. Oggi, quarant'anni dopo, egli è amministratore delegato di un gruppo che nel suo settore è leader in Italia e che continua a crescere: 328 milioni di fatturato nel 2014, con un utile netto di 12,5. Le «anime» sono due, i surgelati («Uno spinacio su due in Italia è Orogel») e i prodotti ortofrutticoli freschi, ma i profitti vengono solo dai primi, che valgono 180 milioni di ricavi e che in questi anni di crisi hanno registrato un continuo aumento di vendite: più 43% dal 2007. Con il mercato che tira, Orogel ha deciso di investire, da qui al 2017, 80 milioni, con l'obiettivo di aumentare la capacità produttiva.

Piraccini non lo nasconde: essere cooperativa dà vantaggi non da poco. Innanzitutto le tasse: sono del 12% contro il 27,5% di Ires e il 3,9% di Irap che graverebbero su una spa. I 1.100 dipendenti dei surgelati, attivi sull'arco di 24 ore, sono legati da contratti che permettono una buona flessibilità. Sul piano della qualità, il gruppo ha il potere di presidiare tutta la filiera del prodotto, partendo dalle semine o dalle piantumazioni, e programmando con gli agricoltori l'organizzazione dei raccolti. I 2 mila fornitori, infatti, non sono normali fornitori: sono soci della cooperativa e «conferiscono» le materie prime a Orogel. La differenza è che non viene pattuito un prezzo, ma vengono pagati acconti e un saldo calcolato sui risultati di bilancio. Alla fine, i soci incassano più di quanto prenderebbero in una normale trattativa di mercato, e il monte-pagamenti negli anni è stato in costante crescita. L'utile netto non viene distribuito, ma lasciato a riserve: «In quarant'anni, mai un aumento di capitale, tutto autofinanziamento». L'indebitamento è solo corrente.

Orogel aderisce alla Confcooperative (le cooperative «bianche»), anche se l'ad tiene a

rivendicare una posizione di autonomia. E non si sottrae alle critiche verso le «rosse»: «Con certa cooperazione non voglio aver a che fare: e siamo contenti perchè nel nostro raggruppamento non ci sono state disavventure».

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