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Le trame dei magistrati per attaccare Matteo Salvini sul caso Diciotti

Alcune conversazioni hanno svelato come diversi magistrati avevano il preciso obiettivo di attaccare Matteo Salvini: è quanto emerso tra le carte dell'inchiesta di Perugia su Luca Palamara

Le trame dei magistrati per attaccare Matteo Salvini sul caso Diciotti

Era l’estate, molto calda, del 2018: il governo gialloverde con Matteo Salvini insediato quale ministro dell’interno e vice premier era in carica da pochi mesi ed il leader della Lega aveva iniziato da poche settimane il braccio di ferro con le Ong.

L’obiettivo era quello di evitare che le navi delle organizzazioni giungessero con i migranti nei porti italiani. In quell’estate però il caso politico e, successivamente, giudiziario più importante ha riguardato non una nave dell’Ong, bensì una della Guardia Costiera e, per la precisione, la nave Diciotti.

Il mezzo militare aveva a bordo diversi migranti recuperati a largo di Lampedusa, ma dal Viminale non è arrivata l’autorizzazione allo sbarco. Dopo alcuni giorni in rada, è arrivato il via libera dell’attracco della Diciotti a Catania, ma con i migranti che dovevano rimanere a bordo in attesa di un possibile accordo con l’Europa per la loro redistribuzione.

Ed è in quel momento che è scattato il caso giudiziario. A bordo della Diciotti a salire è stato, tra gli altri, il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio. Nella città siciliana è stato quindi aperto un fascicolo contro l’allora ministro dell’interno: le accuse erano quelle di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d'ufficio.

Tutto poi per competenza è stato passato al tribunale dei ministri di Palermo. Ed è lì a questo punto che ad entrare in gioco è stata una conversazione svelata nei giorni scorsi e che tira in ballo, ancora una volta, Luca Palamara.

Quest’ultimo, indagato per corruzione ed al centro degli ultimi scandali che hanno riguardato la magistratura, ha scambiato qualche battuta sul caso Diciotti con un collega. Non uno qualsiasi: si trattava, in particolare, di Fabio Pilato. È proprio lui a presiedere quel tribunale dei ministri insediatosi nel capoluogo siciliano. Ed è proprio lui, nella chat notturna scambiata con Palamara, ad annunciarlo non senza enfasi: “Indovina chi è il presidente del tribunale per i ministri di Palermo?”, chiedeva il magistrato a Palamara. E dopo un “Chi è?” tra il sorpreso ed il curioso dell’interlocutore, Pilato ribadiva: “Io”. La risposta dall’altro lato è apparsa eloquente: “Grande”.

Sono queste conversazioni riportate in parte da La Verità nelle scorse ore. Un breve scambio di battute, in cui però ben si è potuto evincere il clima di quei mesi. L’obiettivo da parte di alcuni togati tirati in ballo dalle intercettazioni, sembrava ancora una volta quello di attaccare politicamente Salvini, tramite i vari procedimenti giudiziari.

Nella conversazione sopra riportata, Palamara ha poi dato alcuni consigli al collega: “Mantieni nervi saldi”, con Pilato che ha poi risposto parlando di “casino giuridico” ed assicurando una freddezza “come quella di uno squalo”. Il botta e risposta tra i due si è poi concluso con l’assicurazione, da parte di Palamara, di essere dalla parte di Pilato. Quest’ultimo, come sottolineato da La Verità, si è sempre occupato di immigrazione e tempo addietro aveva sostenuto anche il protocollo d’intesa con il Comune di Palermo per garantire l' accompagnamento dei minori soli e per il riconoscimento del loro status di rifugiati.

L’esultanza esposta a Palamara per essere il presidente del tribunale che avrebbe dovuto giudicare Salvini, è contenuta negli atti dell’inchiesta in corso a Perugia proprio sullo stesso Palamara. Quella conversazione è arrivata, tra le altre cose, al culmine di una giornata in cui da parte di diversi togati sono partiti attacchi contro il leader della Lega sul caso Diciotti.

Prima una nota dello stesso Palamara, assieme a tre capigruppo del Consiglio Superiore della Magistratura, contro Salvini per la gestione della vicenda. Poi, poche ore dopo, un intervento dell’Anm sempre contro l’allora vice premier. Infine, la conversazione serale in cui Pilato fa intendere di essere dalla parte di Palamara e dove quest’ultimo gli ha quindi conferito appoggio.

Un clima ben chiaro, volto ad una strumentalizzazione politica del caso che è stata evidenziata anche dal procuratore di Viterbo, Paolo Auriemma: “Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando – scriveva in una conversazione il magistrato a Palamara il 25 agosto – E non capisco cosa c' entri la Procura di Agrigento. Questo dal punto di vista tecnico al di là del lato politico. Tienilo per te ma sbaglio?”

Palamara gli dava ragione, ma replicava seccamente: “Ma ora bisogna attaccarlo”, con riferimento per l’appunto a Matteo Salvini.

Per la cronaca, il 18 ottobre il tribunale dei ministri di Palermo ha trasferito le carte a Catania, procura competente in quanto è proprio qui che la nave Diciotti aveva attraccato. Il tribunale dei ministri etneo richiederà al Senato il via libera a procedere contro Salvini, ma Palazzo Madama nel marzo del 2019 ha negato la richiesta. Per questa scelta dei senatori, ad essere decisivo è stato il voto del Movimento Cinque Stelle, all’epoca (sembrano passati anni) ancora alleato della Lega. Altri capitoli, altri contesti.

A risaltare in questa storia, è comunque l’ostilità di una parte della magistratura contro l’allora ministro Salvini.

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