Le trame dei pm anti Salvini. E Matteo telefona al Quirinale

I messaggi di Palamara ai colleghi: "Attacchiamolo". Il leader leghista: "Vacilla la mia fiducia nelle toghe"

Le trame dei pm anti Salvini. E Matteo telefona al Quirinale

Non solo traffici di poltrone tra toghe, ma la gestione delle inchieste a fini politici. Questo, almeno nelle intenzioni, emerge da chat negli atti giudiziari del caso Palamara, pubblicate da La Verità. C'è Matteo Salvini al centro di conversazioni su Whatsapp che lo mettono nel mirino di pm e giudici di sinistra per le scelte sui migranti da ministro dell'Interno e vicepremier. Frasi così pesanti da provocare un appello del leader leghista al Quirinale.

Siamo nell'agosto 2018, l'inchiesta sulla nave Diciotti (finita con l'archiviazione) è sulle prime pagine dei giornali con lo scontro sul dl Sicurezza e il capo della Procura di Viterbo Paolo Auriemma (non indagato) scrive a Palamara, ex presidente dell'Anm allora al vertice di Unicost: «Salvini indagato per non aver permesso l'ingresso a soggetti invasori. Siamo indifendibili». E l'altro replica: «Hai ragione, ma adesso bisogna attaccarlo».

Non i fatti giudiziari ma mire politiche e di potere guidano il ragionamento di Palamara, che condivide ma mette da parte i dubbi dell'amico pm quando osserva: «Mi dispiace ma non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando. Illegittimamente si cerca di entrare in Italia e il ministro dell'Interno interviene perché questo non avvenga. E non capisco cosa c'entri la Procura di Agrigento. Questo dal punto di vista tecnico, al di là del lato politico». In fondo al messaggio Whatsapp la raccomandazione di non diffondere il contenuto del testo, finito ora agli atti dell'inchiesta che ha investito il Csm e l'intera magistratura. Per Auriemma è «una cazzata atroce» attaccare Salvini sull'immigrazione, perché «tutti la pensano come lui», che abbia «fatto benissimo a bloccare i migranti». Il pm teme che la magistratura perda «l'appoggio sociale».

Salvini in un video sui social legge i messaggi e si rivolge a Sergio Mattarella, riferendosi all'indagine che presto lo porterà in tribunale a Catania per il caso Gregoretti. «Questo è il mio fascicolo processuale, il capo di imputazione di cui dovrò rispondere e lo farò in totale serenità, è sequestro di persona aggravato e continuato per aver privato della libertà personale 131 migrati a bordo della nave Gregoretti nel luglio 2019... Io mi chiedo: con quale serenità si potrà esprimere la giustizia italiana? Il capo dello Stato ritiene normale questo tono e questo contenuto tra magistrati?». Concetti ribaditi al telefono al capo dello Stato con cui il leader leghista ha avuto una «cordiale telefonata»; e messi nero su bianco in una lettera: «È innegabile che la fiducia nei confronti della magistratura adesso vacilla - scrive - Tutto ciò intacca il principio della separazione dei poteri e desta in me la preoccupazione concreta della mancanza di serenità di giudizio tale da influire sull'esito del procedimento a mio carico».

In altri messaggi Palamara parla del disagio di incontrare Salvini, mentre si fa inviare i pdf delle sentenze del processo di Umberto Bossi e Francesco Belsito. «È davanti a me nei controlli in aeroporto», scrive alla madre. Al presidente dell'Anm, Francesco Minisci: «C'è anche quella merda di Salvini, ma mi sono nascosto». Con il consigliere del Csm Nicola Clivio: «Cazzo, ho Salvini davanti». Nel novembre 2018 parlando con Palamara Bianca Ferramosca, della giunta dell'Anm, critica colleghi come il membro del Csm Antonio Sangermano per aver dato ragione a Salvini sul dl Sicurezza, definendoli componenti di una cordata «pericolosissima».

Commentano «sconcertati» i parlamentari

leghisti Giulia Bongiorno, Nicola Molteni, Jacopo Morrone e Andrea Ostellari: «Ci appelliamo alla saggezza di Mattarella, anche come presidente del Csm perché quanto riportato dal quotidiano è gravissimo e intollerabile».

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