Il trapianto di faccia è un flop: "Rigetto, intervento da rifare"

I tessuti non hanno attecchito, ora si cerca un nuovo donatore. L'esperto: "Rischi sempre alti in casi simili"

Il professor fabio Santarelli di Pompeo (terzo da sinistra)
Il professor fabio Santarelli di Pompeo (terzo da sinistra)

L'euforia collettiva è svanita ieri mattina al secondo bollettino medico del Sant'Andrea di Roma dove si legge «sospetto di rigetto». La conferenza stampa di Regione e ministero della Salute per festeggiare il primo trapianto facciale italiano viene annullata in tutta fretta e si aspetta con il fiato sospeso il terzo bollettino che, verso sera, spazza via le speranze: è tutto da rifare perché la pelle del nuovo viso non attecchisce, c'è un rigetto del tessuto. Dunque, la signora 49 anni affetta da neurofibromatosi di tipo I, malattia genetica che deturpa il volto, riceverà cattive notizie al suo risveglio.

I medici dicono che la donna non è in pericolo di vita ma si sono arresi a quella «sofferenza del microcircolo» che li ha convinti a «smontare» quel nuovo volto che l'equipe del professor Fabio Santanelli di Pompeo, responsabile dell'Unità operativa di chirurgia plastica, ha costruito con pazienza per 27 ore di intervento.

L'ultimo bollettino è scarno. Rassicura che le condizioni della paziente sono «buone» e che «non ci sono preoccupazioni per la sua vita». Ma poi praticamente aggiunge che si cambia tutto. «In considerazione del permanere della sofferenza del microcircolo dice il comunicato - si è deciso di procedere alla ricostruzione temporanea con tessuti autologhi della paziente, in attesa di una eventuale ulteriore ricostruzione con tessuti facciali da nuovo donatore». In pratica, anche se l'intervento è tecnicamente riuscito, ci sono complicazioni nell'attecchimento del lembo della faccia trapiantata perché non arriva sangue.

La donna era entrata in sala operatoria venerdì pomeriggio speranzosa. Le sue ultime parole sono state: «Non ho paura, voglio una nuova vita». Era sfigurata da quando era ragazzina e fino ad ora la sua è stata un'esistenza da clausura. Così, quando Giorgia, la ragazza morta in un incidente stradale, le ha donato i suoi organi facciali ed era risultata compatibile, lei ha ricominciato a sperare. Anche se lo stesso professor Santanelli l'aveva messa in guardia dei rischi legati alla sua risposta immunitaria. Evento avverso che sembra si sia verificato. Ora si procede alla ricostruzione temporanea con tessuti autologhi della paziente e si aspetta un nuovo donatore. Che chissà quando arriverà visto che l'attesa per l'intervento era durata tre anni.

Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti, ammette: «Non siamo di fronte alla matematica, questa signora stava veramente male e chi si sottopone a un trapianto accetta un rischio e non è detto che ci siano responsabilità». Il rigetto è un argomento che conosce bene Francesco Wirz, 34 anni, napoletano, chirurgo italiano che lavora nel team di Lauret Lantieri, pioniere del trapianto di faccia. Ha partecipato all'intervento all'ospedale Georges Pompidou su un uomo che ha ricevuto il suo terzo volto. Dopo il rigetto cronico del trapianto al quale si era sottoposto nel 2010, per la prima volta al mondo gli è stato reso un secondo viso. E ora sta bene. E Wirz spiega che ci sono due tipo di rigetto. «Quello acuto si verifica nelle 24 ore successive all'intervento.

Oppure quello cronico che può capitare anche dopo due o tre anni successivi all'operazione».

Nel caso del Sant'Andrea, dunque, si tratta di un rigetto acuto: «Purtroppo può succedere quando il sistema immunitario non riconosce il trapianto e quindi lo aggredisce».

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