Roma Non un'alleanza, nemmeno un vero apparentamento. Ma quello tra Carroccio e M5S in vista dei ballottaggi è un patto di desistenza che sta lì tra il detto (dai leghisti) e il non detto, anzi il negato (dai grillini). Però è un fatto che la strana coppia abbia un interesse in comune, e forse più di uno. Affondare il Pd al secondo turno delle comunali, votando l'avversario del candidato dem, è il primo - anche se Salvini è più esplicito nel dichiarare che voterebbe Raggi a Roma e Appendino a Torino, mentre ufficialmente i pentastellati, stante l'allergia alla parola «alleanza», tendono a smentire i rumors in merito. E poi c'è il referendum, che a suo modo somiglia a un ballottaggio. Anche lì la scelta è secca, sì o no, e se il nemico del mio nemico non è mio amico, quantomeno vota come me.
Che si sia aperto un canale di comunicazione lo conferma anche il sito Affaritaliani.it. Riportando la voce di un anonimo «esponente ai massimi livelli» del Carroccio, pronto a ribadire l'esistenza di «interessi convergenti tra noi e loro», con l'obiettivo dichiarato di «avere il minor numero possibile di sindaci del Partito Democratico». A tessere la silenziosa trattativa da parte del M5S sarebbero Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, lontano da riflettori e orecchie indiscrete perché oltre al leader, la contrarietà ad accordi ufficiali di qualsiasi genere arriva anche da altri esponenti pentastellati di primo piano, come Roberto Fico e Carla Ruocco.
D'altra parte, di una «affinità» tra le due forze politiche si era parlato già anni fa, in virtù della benzina antisistema che anima tanto il Carroccio quanto i Cinque Stelle. E il momento attuale, tra posizioni no-euro e opposizione ferma a Renzi, sembra quello propizio per assecondare le «convergenze». I ballottaggi sono un test eccellente, per quanto le posizioni in vista del voto dei presunti dialoganti sono ben diverse. Se dal fronte del Carroccio in tanti - tra cui Salvini e Maroni - hanno di fatto caldeggiato l'appoggio ai candidati grillini alle prese con quelli dem per il secondo turno, sul fronte M5S nessuno si sbilancia, e si continua a sbandierare la «libertà di voto» lasciata ai propri elettori nei comuni dove il Movimento si è fermato prima del ballottaggio. Poco male, visto che ancora prima delle elezioni Salvini aveva già messo le cose in chiaro, dopo aver annunciato il suo voto per la Raggi in un eventuale ballottaggio tra questa e il dem Giachetti: «Se in qualche città non ce la facessimo, non voto Pd né Renzi nemmeno sotto tortura, ma questo non vuol dire che ci sia un accordo con qualcun altro, gli altri faranno le loro scelte liberamente».
Ma se i ballottaggi fossero solo le prove generali per poi «convergere» sul no al referendum, per bastonare Renzi che sul voto popolare sulla sua riforma ha scommesso la testa, forse anche le scelte degli altri potrebbero orientarsi diversamente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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