Tregua o cessate il fuoco. Il voto all'Onu slitta ancora

Ancora una fumata nera al Palazzo di Vetro dell'Onu

Tregua o cessate il fuoco. Il voto all'Onu slitta ancora
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Ancora una fumata nera al Palazzo di Vetro dell'Onu. Dopo negoziati molto accesi per tentare di conciliare posizioni diverse, il voto sulla risoluzione sul cessate il fuoco sponsorizzata dai Paesi arabi per arrivare ad una cessazione delle ostilità a Gaza è stato nuovamente rinviato. Manca ancora una formula che possa mettere d'accordo chi vuole unop stop al conflitto e gli Stati Uniti che spingono al massimo per una tregua, sostenendo la tesi israeliana secondo cui un cessate il fuoco totale favorirebbe la riorganizzazione delle milizie di Hamas. Posizione delicata quella di Washington con il portavoce del dipartimento di stato Matthew Miller che conferma: «Abbiamo parlato con Israele, non vogliamo vedere chiese, moschee, scuole e ospedali attaccati», riconoscendo comunque il diritto alla difesa di Israele.

Si vedrà, il conflitto intanto prosegue. «L'operazione di terra si espanderà in altre località. Porteremo i funzionari di Hamas nel posto che meritano: al cimitero o in prigione», ha detto il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. Il suo esercito ieri, in «un'operazione mirata nel centro di Rafah, ha ucciso Subhi Ferwana, uno dei maggiori finanzieri di Hamas, insieme al fratello. Secondo l'esercito, Ferwana «era coinvolto negli ultimi anni nel trasferimento di decine di milioni di dollari all'organizzazione terroristica e alla sua ala militare attraverso la sua compagnia di cambio di soldi Hamsat. I fondi erano usati per il pagamento dei salari ai terroristi durante la guerra e per finanziare la guerra di Hamas». Ferwana avrebbe utilizzato le sue attività per trasferire fondi arrivati dall'Iran e da altri finanziatori esteri tramite un sistema di riciclaggio.

Ieri le brigate Qassam, braccio armato di Hamas responsabili dell'attacco del 7 ottobre, hanno dichiarato di aver lanciato 12 missili verso la caserma dell'aeroporto Kiryat Shmona, nel Nord di Israele. Sirene di allarme per i raid aerei sono state attivate nella zona di Kiryat Shmona e sono suonate anche a Tel Aviv per la prima volta dopo settimane. Nel frattempo, la situazione dei civili nella Striscia resta drammatica. Il direttore dell'al-Ahli, uno degli ultimi ospedali ancora in servizio, ha annunciato ieri che ha smesso di funzionare dopo che l'esercito israeliano lo ha preso d'assalto. Fadel Naim ha accusato l'esercito israeliano di aver circondato la struttura e arrestato alcuni medici, infermieri e feriti.

Ancora una volta nel mirino il campo profughi di Jabalia, ora quasi interamente sotto il controllo israeliano, dove 13 persone sono state uccise e altre 75 ferite in un raid. Hamas intanto denuncia che il bilancio dei morti a Gaza è salito a 19.667 mentre i feriti sarebbero oltre 52mila. E una possibile tregua continua, per ora, a essere una chimera.

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