L'Europa tira un sospiro di sollievo ma a metà: il cessate il fuoco è diventato realtà da ieri pomeriggio. L'annuncio del presidente ucraino Petro Poroshenko, dopo la firma a Minsk dell'accordo in 12 punti con i ribelli filorussi, Mosca e l'Osce, è stato accolto con soddisfazione nelle cancellerie del Vecchio Continente. È stato così congelato il conflitto e la sua sanguinosa escalation, con imprevedibili risvolti internazionali. Ma lo spettro di nuove sanzioni alla Russia che impensierisce soprattutto le economie delle nazioni europee (Italia e Germania in prima fila ma non solo) non è svanito: ieri sera una lettera dei vertici Ue ha annunciato che, nonostante la tregua, sono state concordate nuove sanzioni contro la Russia, un pacchetto da adottare lunedì che «aumenterà l'efficacia delle misure già in atto e rafforzerà il principio che le sanzioni Ue sono dirette a promuovere un cambiamento di rotta nelle azioni della Russia in Ucraina». Saranno colpiti i settori della tecnologia e della difesa e congelati i beni di altri russi e dei leader dei ribelli filorussi in Crimea e Donbass.
La Nato è scettica sulla tregua, anche se c'è apprezzamento per il contributo del presidente russo Putin. Ma nel vertice di Newport, in Galles, i leader dell'Alleanza per ora non hanno alcuna intenzione di allentare la pressione sulla Russia e, spinti da Washington, hanno deciso di dispiegare una forza d'intervento rapido con cinque basi nei Paesi baltici, Polonia e Romania. «Un chiaro messaggio a ogni potenziale aggressore», ha detto il segretario Rasmussen. Ma non basta. Accogliendo la richiesta di Barack Obama, i Paesi della Nato hanno anche stabilito di aumentare le spese militari e di portarle al 2% del Pil entro dieci anni. Il premier Renzi ha ventilato l'idea di «scorporare queste spese dal patto di stabilità», ma la sua proposta è stata accolta come una provocazione. Aspettiamoci perciò nuove tasse perché agli eventuali effetti delle sanzioni si aggiungerà la botta finanziaria per sostenere la crescita della Difesa. Nel 2013 la spesa è stata quasi l'1% del Pil (oltre 14 miliardi di euro): ciò significa che dovremo raddoppiarla. E sappiamo bene in quale portafoglio prenderanno i soldi.
Tutto questo basterà a soddisfare la spinta americana verso oriente e la sfida al competitor Russia? Lo scopriremo presto. Per ora i cieli dell'est non sono ancora sereni. Se la tregua e l'accordo di scambiare i prigionieri sono un primo passo per la soluzione della crisi, le risposte politiche dei contendenti in Ucraina non lasciano ben sperare. Da un lato il governo di Kiev ripete che non tollererà secessioni, anche se promette «autonomia, libertà economica, diritto di usare la lingua scelta e un'amnistia» alle regioni russofone. Dall'altro, la posizione ferma dei separatisti, i quali sono soddisfatti dell'intesa che «risparmierà tante vite», ma ricordano che questa non «fermerà il loro cammino verso l'indipendenza».
Insomma, la strada è in salita. E l'Europa sarà costretta a tirare la cinghia. I Paesi della Nato appaiono compatti, ma i distinguo sulle sanzioni si leggono nelle dichiarazioni. Angela Merkel, Renzi e Hollande sono più possibilisti. Il premier britannico Cameron è più in sintonia con la Casa Bianca. Obama è scettico sulla tregua («va testata») ma, se reggerà, le sanzioni potrebbero essere revocate. Il presidente Usa però ribadisce che la Nato «sostiene l'unità territoriale dell'Ucraina» e che «l'aggressione della Russia è una minaccia per l'Europa libera».
La Russia, dal canto suo, replica alle dichiarazioni ostili di Usa ed Europa per bocca del vicepremier Rogozin: «Ci sono tanti nella Nato a cui giova la nuova tensione: gli Stati Uniti ora possono strappare agli europei spese supplementari per la Difesa, giustificare
l'esistenza dell'Alleanza con la minaccia russa, consolidare la loro presenza militare nel Vecchio Continente e, allo stesso tempo, indebolire l'Europa, il loro principale concorrente, facendo la guerra economica contro Mosca».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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