I vertici di Oxfam, una delle più grandi Ong al mondo, stanno sprofondando nello scandalo. Mark Goldring, il numero uno dell'organizzazione umanitaria britannica con una costola in Italia, è accusato di avere chiuso un occhio su nuovi abusi sessuali dopo le orge con le prostitute ad Haiti a spese dei donatori. Ieri è stato arrestato in Guatemala, il presidente di Oxfam international, Juan Alberto Fuentes Knight, per un'accusa di corruzione quando era ministro delle Finanze del Paese centro americano. «Ci ha assicurato di aver pienamente collaborato con le indagini e si dice certo di non aver trasgredito consapevolmente regole o procedure» hanno dichiarato da Oxfam.
La nuova tegola sessuale è stata tirata fuori da Helen Evans, garante per le norme di comportamento dell'Ong dal 2012 al 2015. Durante il suo incarico aveva condotto un'inchiesta interna, che ha fatto emergere «una cultura dell'abuso sessuale». Non solo: Evans ha rivelato che nel 2015, quattro anni dopo lo scandalo di Haiti, voleva sottoporre all'attenzione di Goldring, capo dell'Ong, tre vicende specifiche di porcherie sessuali. Il primo caso, forse il peggiore, riguardava «una donna costretta a fare sesso in cambio degli aiuti» portati dall'Ong. Nel Sud Sudan un'altra donna assoldata da Oxfam è stata stuprata da un «umanitario». E addirittura in Inghilterra in un punto vendita di Oxfam un minorenne è stato forzato a non denunciare le molestie sessuali.
Gli scottanti dossier dovevano essere discussi con Goldring, che ne era a conoscenza, ma all'ultimo momento ha annullato la riunione. E non sono stati presi provvedimenti immediati. Evans aveva realizzato anche uno sconvolgente sondaggio in solo tre paesi dove opera Oxfam. Su 120 operatori umanitari interpellati, fra l'11% e il 14% era stato testimone o aveva subito aggressioni sessuali. In Sud Sudan, il 7% dello staff, quattro persone, aveva subito stupri o sapeva di violenze da parte di altri «umanitari». L'ex garante che ha vuotato il sacco con la tv inglese Channel 4 e fornito materiale al Times ha sottolineato che l'inchiesta riguardava solo gli abusi «fra colleghi. Non abbiamo investigato sui beneficiari degli aiuti». In uno dei rapporti interni di Oxfam rivelati dal Times si parla di «una cultura dell'impunità» rispetto agli scandali sessuali.
L'aspetto più grave è che Evans comunicò le sue preoccupazioni sugli abusi sessuali al governo britannico, al dipartimento per lo Sviluppo internazionale, equivalente della nostra Cooperazione e al ministero dell'Interno. La segnalazione rimase sostanzialmente lettera morta, ma oggi, dopo l'inchiesta del Times, che ha riportato a galla lo scandalo, il ministro per la Cooperazione, Penny Mordaunt, minaccia di tagliare i 36 milioni di euro di fondi pubblici annuali ad Oxfam. Pure l'Unione europea, che versa 29 milioni, ha chiesto di «chiarire con una completa trasparenza». Il presidente di Haiti, Jovenel Moise, da dove è partito lo scandalo ha condannato la Ong parlando di «grave violazione della dignità umana».
Non è l'unico neo di un giro d'affari globale nel mondo umanitario di 150 miliardi di dollari l'anno. Ieri la Cnn ha rivelato con un'inchiesta, che parte dei soldi per gli aiuti internazionali in Somalia finiscono nelle mani di Al Shabaab, la costola di Al Qaida nel Corno d'Africa. Ex terroristi e fonti dell'intelligence somala confermano che la formazione jihadista riscuote il pizzo sui beni di prima necessità comprati con gli 80-90 dollari al mese che i somali ricevono dalle Nazioni Unite.
Soprattutto attorno alla città di Baidoa nel centro del paese gli Al Shabaab controllano le strade principali per «tassare» i commercianti di questi beni. In un giorno un solo posto di blocco può incassare fino 5mila dollari. Chi si rifiuta di pagare il pizzo viene ucciso.
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