Quel trio targato Pd che guidava la Regione. Dopo anni di inerzia ora accusa il governo

Bonaccini, Schlein e Priolo hanno avuto fondi per 23 casse di espansione. Ce ne sono 12

Quel trio targato Pd che guidava la Regione. Dopo anni di inerzia ora accusa il governo
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Dieci anni. 594 milioni di euro. Un terzetto di marca Pd alla guida della Regione Emilia-Romagna. A snocciolare le cifre ci ha pensato, giovedì in conferenza stampa, il ministro con delega alla Protezione Civile Nello Musumeci. Nel dettaglio, si parla di quasi 600 milioni di euro per la prevenzione del dissesto idrogeologico, ricevuti in dieci anni dal governo regionale. Lo stesso decennio in cui ha guidato la Giunta Stefano Bonaccini, che ha avuto come vice sia l'attuale segretaria del Pd Elly Schlein sia quella che ora è la reggente in qualità di presidente della Regione, ovvero Irene Priolo. Proprio quest'ultima è stata protagonista, negli ultimi giorni, di una serie di accesi scontri polemici con il governo, salvo poi ringraziare Palazzo Chigi per lo stanziamento di 20 miliardi per l'emergenza maltempo.

«In molti Paesi europei ci sono sistemi assicurativi per gli eventi catastrofali, ma non ci può essere un ribaltamento sui cittadini e sulle imprese di interventi che lo Stato deve finanziare, non ci può essere uno scaricabarile sui cittadini e sulle imprese», ha virato di nuovo Priolo, attaccando ancora il governo. La stessa attuale reggente che anche da vicepresidente aveva le deleghe a Transizione Ecologica, Contrasto al cambiamento climatico, Ambiente, Difesa del suolo e della Costa, Protezione Civile. La stessa Priolo che, nel 2021 durante un dibattito con Legambiente, cercava giustificazioni per il mancato completamento delle casse di espansione del fiume Senio, proprio quello esondato negli scorsi giorni. Per gli ambientalisti, l'istantanea era quella di «30 anni di attese e promesse» non mantenute. Un trentennio in cui l'Emilia-Romagna ha conosciuto soltanto governi di varie sfumature di centrosinistra.

Non solo Priolo, anche Schlein schivava le domande sulla spesa dei fondi per la prevenzione del dissesto idrogeologico. L'attuale leader del Pd che, da vicepresidente della Giunta, vantava la delega al «Patto per il Clima». A lei spettava il compito di coordinare diversi assessorati, impegnati nelle «politiche di prevenzione e adattamento ai cambiamenti climatici e per la transizione ecologica». Eppure, Schlein, a maggio dell'anno scorso, intervenendo a un forum di Repubblica dedicato all'alluvione emiliano-romagnola del 2023, rispondeva vaga: «Non sono una tecnica. Sicuramente c'è un tema di politiche di contrasto al consumo di suolo, di adattamento e di prevenzione». Molto più concreti sono gli oltre 190 milioni di euro ricevuti dall'Emilia-Romagna da Roma dal 2015 al 2022 per costruire 23 casse d'espansione, che servono a prevenire le esondazioni di fiumi. Di queste ne funzionano soltanto 12, mentre due sono efficaci soltanto in parte.

Seicento milioni di euro non spesi da Schlein e Priolo. Ma soprattutto da Stefano Bonaccini. È stato lui il dominus della Regione Emilia-Romagna a partire dal 2014 e fino al recente sbarco al Parlamento europeo. «Catastrofi come queste stanno diventando sempre più frequenti. Per questo bisogna non solo riparare, ma costruire in modo diverso. E servirebbe una grande collaborazione tra le istituzioni, anziché lo scaricabarile», pattina oggi l'eurodeputato e presidente del Pd in un'intervista al Quotidiano Nazionale. Giova poi tornare su altre cifre, relative all'alluvione del 2023, con Bonaccini presidente: 130 milioni di euro stanziati dal governo per interventi urgenti di difesa idraulica e la Regione ne ha spesi solo 49. Ancora: 102 milioni per la messa in sicurezza della rete idrica di cui, in 16 mesi, la Regione non ha speso neanche un euro.

Colpiscono oggi le parole pronunciate dall'ex governatore a novembre del 2014, un mese prima della sua elezione, a Omnibus su La7. «Credo che l'impegno che ora vada messo sia quello di organizzare un piano di interventi sul dissesto idrogeologico per i prossimi, almeno, dieci anni». Ed eccoci qua, dieci anni dopo.

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