Il trionfo bipartisan del soldato Zelensky: "Siamo in guerra le armi non bastano". L'ira isterica dei russi

Il trionfo bipartisan del soldato Zelensky: "Siamo in guerra le armi non bastano". L'ira isterica dei russi

Washington - «Credo sia troppo». Volodymyr Zelensky ha iniziato il suo «momento Churchill» al Congresso, mostrandosi quasi sopraffatto dalla lunga standing ovation di deputati e senatori che ha accompagnato il suo ingresso nell'Aula. Parlando in inglese, a differenza di quanto aveva fatto poche ore prima nella conferenza stampa con Joe Biden, Zelensky ha subito recuperato il suo ruolo di leader di guerra. «È un privilegio essere qui. Contro tutte le previsioni l'Ucraina è ancora viva e combatte. Grazie anche al vostro aiuto», ha detto. Dopo l'omaggio, Zelensky è passato al cuore del suo discorso. Sugli aiuti militari finora ricevuti dagli Usa, in particolare l'artiglieria, ha detto candidamente: «Bastano? Onestamente, no».

Concetto espresso poco prima anche alla Casa Bianca. «Vorremmo avere più Patriot. Purtroppo siamo in guerra». Biden, al suo fianco, sorrideva. Il presidente Usa aveva appena elencato le decine di miliardi di dollari di aiuti militari già inviati all'Ucraina, gli altri 45 miliardi appena stanziati dal Congresso e il nuovo pacchetto da quasi 2 miliardi, che comprende, appunto, anche una batteria di missili Patriot, a lungo richiesti da Kiev. In nessuna delle due occasioni, Zelensky è però apparso come l'«incontentabile» che, secondo un retroscena circolato in passato, aveva innervosito il presidente Usa. Piuttosto, ha voluto ricordare che la guerra sta entrando in una «nuova fase». Dopo il relativo stallo delle operazioni militari dovuto ai mesi invernali, la Russia lancerà in primavera nuove offensive. E se «l'Ucraina mantiene le linee e non si arrenderà mai», è pur vero che per farlo servono ancora più armi.

Ecco allora la trovata retorica con la quale Zelensky ha ricordato al Congresso che molti ucraini passeranno il Natale al buio. «Non perché è romantico», ma perché i russi hanno distrutto la rete elettrica. Ed ecco l'appello «bipartisan» lanciato a un Congresso che si appresta a essere dissolto, per essere sostituito il 3 gennaio da una nuova legislatura nella quale i Democratici non avranno più il controllo di entrambe le Camere. Un appello che, a giudicare dagli applausi di entrambi gli schieramenti, sembra essere stato raccolto. L'Aula era quella delle grandi occasioni. Se ci sono pur state defezioni tra i banchi repubblicani di orientamento trumpiano, quelli stufi di staccare «assegni in bianco» a Kiev, la Vecchia Guardia del Gop era presente in prima fila, a cominciare dal leader della minoranza al Senato, Mitch McConnell. Zelensky ha anche voluto ringraziare gli «ordinary americans», la gente comune che a malapena saprebbe individuare l'Ucraina su una mappa e che, in ultima analisi, con le proprie tasse finanzia la resistenza a Putin. «I soldi che ci date non sono carità, ma un investimento per la sicurezza globale», ha detto tra gli applausi il leader ucraino.

Quanto alle prospettive di pace, una «pace giusta», Zelensky è stato meno drastico di quanto si era mostrato poco prima, al fianco di Biden: «Una pace giusta significa nessun compromesso sulla sovranità territoriale e la libertà dell'Ucraina e indennizzi per i danni di guerra», aveva detto. Davanti al Congresso, si è limitato a evocare un'«iniziativa di pace, appoggiata anche dal presidente Biden», della quale non ha però fornito i dettagli.

Che la visita di Zelensky a Washington abbia avuto un effetto non solo mediatico ma anche politico, capace di rinsaldare un fronte transatlantico fiaccato dall'inflazione e dai guai economici interni, lo testimonia la reazione quasi isterica di Mosca. Il presidente ucraino è il «figlio di puttana dell'Occidente», ha tuonato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Meno drastico, per una volta, è apparso Putin. «Tutte le guerre finiscono con dei negoziati» e «voglio finire la guerra il prima possibile», ha detto il presidente russo ieri, dopo che Washington aveva annunciato nuove sanzioni contro una decina di «entità navali» russe, responsabili del blocco dei porti ucraini.

E dopo che la Casa Bianca aveva rivelato il ruolo crescente della Wagner nelle operazioni militari in Ucraina grazie a coscritti prelevati direttamente dalle carceri russe e la necessità impellente di procurarsi armi che ormai scarseggiano, recuperandole perfino in Corea del Nord.

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