
Pronto a sfidare «l'impopolarità e perfino il cattivo umore pur di salvare delle vite». L'eterna diatriba sull'opportunità di ridurre i limiti di velocità sulle strade si ripropone dopo l'uscita del primo ministro francese Edouard Philippe, che ha anticipato ai media l'intenzione di ridurre da domani la velocità massima consentita sulle strade secondarie d'Oltralpe da 90 a 80 chilometri orari. Il governo di Parigi, saldamente nelle mani del partito macronista «La republique en marche», non ha alcun dubbio al riguardo: andare più piano significa morire di meno, e poco importa se seguendo costantemente questo criterio si finirà col marciare (è il caso di dirlo) a passo d'uomo.
Il premier ha ricordato che ogni anno sulle strade francesi perdono la vita in media 3.500 persone, strage a cui fanno da contorno 70mila feriti, parte dei quali destinati all'invalidità permanente. Da qui la decisione di rifiutarsi di considerare questo drammatico bilancio «una fatalità» e di imporre limiti più bassi agli automobilisti.
Allargando lo sguardo all'Unione Europea, le statistiche dicono che ogni anno muoiono sulle strade circa 25mila persone. La cifra giustamente impressiona, ma è importante notare che rispetto al 2001 il numero delle vittime è dimezzato. Se poi si va ancora più indietro nel tempo, il calo è evidentissimo. Qualche dato: nel 1970 morirono sulle strade francesi 16.445 persone, scese a 13.672 nel 1980 e a 11.215 nel 1990. Di fronte a questi dati, i 3.500 morti dell'anno scorso rappresentano un successo. Lo stesso vale per l'Italia, scesa dalle 11mila vittime del 1970 alle 3.428 del 2015. Per non dire della Germania, che registrò nel 1970 addirittura 21.600 morti (quasi quelli dell'intera Ue l'anno scorso!) per scendere ai 3.459 del 2015.
A provocare il netto calo della mortalità sulle strade non sono state però tanto le riduzioni dei limiti di velocità, che in molti Paesi sono immutati da decenni, quanto gli enormi miglioramenti nei dispositivi di sicurezza montati sulle auto (cinture di sicurezza obbligatorie, airbag, qualità degli impianti frenanti eccetera) e sulle motociclette (casco obbligatorio). In alcuni casi si è assistito (anche in Italia, per esempio sulla tangenziale di Milano) alla riduzione del limite di velocità dopo casi eclatanti di gravi incidenti stradali, ma è parsa più una risposta della politica all'emozione del pubblico che una misura effettivamente utile. Senza dimenticare il limite di 110 km/h sulle autostrade imposto dal fantasioso ministro Enrico Ferri nel 1988 e poi ritirato.
Il caso della Germania è in questo senso un classico. Come è noto, da sempre sulle autostrade tedesche esiste soltanto (su circa i tre quarti della rete) una «velocità consigliata» di 130 km orari, il che si traduce nel fatto pressoché unico al mondo che non esistono limiti massimi se non quelli dettati dal buon senso. Una scelta fortemente caldeggiata dai produttori tedeschi di potenti auto e duramente osteggiata da ambientalisti e gruppi di pressione di vario orientamento. Ma rimane il fatto che il numero di vittime sulle strade tedesche è identico a quello della Francia e dell'Italia (3.500 circa l'anno), che invece impongono il limite dei 130 km orari.
In questi giorni ha fatto notizia la decisione della regione tedesca del Baden-Württemberg di imporre sull'autostrada A81 il limite di 130 km orari vicino al confine svizzero: questo perché troppi automobilisti elvetici trasformano l'autostrada per Stoccarda in pista da corsa, organizzandovi addirittura gare illegali. Le statistiche confermano invece che la causa principale delle stragi al volante è l'indisciplina: lo confermano i dati drammatici di Paesi come Grecia e Cipro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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