Trovato il pc del boss. E la sua ex amante finisce sotto inchiesta

Il computer era in uno dei covi. Maria Mesi già condannata: favorì la latitanza di "u Siccu"

Trovato il pc del boss. E la sua ex amante finisce sotto inchiesta

Al cuor non si comanda ed ecco che Maria Mesi, la storica amante del boss dei boss Matteo Messina Denaro, figura da ieri tra i fiancheggiatori. E anche suo fratello Francesco. Di nuovo. Entrambi sono, infatti, vecchie conoscenze degli inquirenti, visto che in passato furono accusati di avere favorito la latitanza del padrino.

Francesco patteggiò la pena, mentre Maria, arrestata il 14 giugno del 2000 con i due intestatari del contratto di affitto di un appartamento ad Aspra (Bagheria) utilizzato dal super latitante come covo e nel quale si svolgevano gli incontri amorosi tra i due, fu condannata in primo e secondo grado per favoreggiamento aggravato alla mafia. La Cassazione, poi, annullò l'aggravante sostenendo che il rapporto sentimentale della donna col capomafia escludesse l'agevolazione di Cosa nostra. I Ros sono tornati ieri in via Milwaukie ad Aspra a bussare a casa della donna e hanno perquisito pure una casa di campagna e la torrefazione che gestisce con il fratello. Hanno sequestrato i cellulari e i pc dei due, e i loro nomi, adesso, figurano tra gli indagati.

Il legame tra Maria e il capomafia era passionale. Per uno dei loro incontri per poco il padrino non venne catturato, ma all'ultimo non si presentò nel covo, forse per una soffiata. I due, non potendosi vedere, intrapresero una corrispondenza scritta, che fu rinvenuta a casa di Filippo Guttadauro, cognato e punto di tramite tra il padrino, la sua famiglia e, appunto, gli affetti più stretti. «Ti amo e ti amerò per tutta la vita gli scrisse la Mesi che si firmava Mari o Mariella -. Dal profondo del mio cuore ti amo, ti mando tantissimi baci. Tua per sempre». Lui in una lettera le diede una spiegazione sul perché doveva allontanarsi: «Devo andare via e non posso spiegarti ora le ragioni di questa scelta». «In questo momento le cose depongono contro di me - si legge -. Sto combattendo per una causa che oggi non può essere capita. Ma un giorno si saprà chi stava dalla parte della ragione». E ora che è stato catturato avrebbe l'occasione di dare spiegazioni ai familiari delle vittime. Il regno di Messina Denaro è messo a soqquadro dai carabinieri. Vecchi e nuovi contatti sono passati a setaccio. E di amicizie consolidate, a Castelvetrano e in quel lembo di terra ristretto che si discosta pochi chilometri dalla sua città, da cui il padrino non si è spostato, almeno negli ultimi 10 anni, ce ne sono parecchie. Alcune potrebbero emergere dai dispositivi di Messina Denaro che sono stati acquisiti: i cellulari che aveva il giorno della cattura e c'è pure un pc. Ieri, inoltre, c'è stata l'acquisizione forense sia dei cellulari che del computer di Giovanni Luppino, autista e uomo di fiducia del padrino. «Stiamo per smantellare la rete dei fiancheggiatori» ha detto giorni fa il procuratore capo di Palermo, Maurizio de Lucia. E chissà che le rivelazioni che andranno in onda stasera su Italia 1 alle Iene non siano preludio di una breccia nella «borghesia mafiosa» di cui parla de Lucia, quella fatta di pezzi grossi che hanno favorito la latitanza.

Le rivelazioni vengono dall'ex Iena Ismaele La Vardera, oggi vicepresidente della Commissione Antimafia della Regione siciliana, che ha ricostruito la testimonianza raccolta e denunciata ai Ros di un presunto testimone che avrebbe preso parte a festini in una villa del Palermitano in cui c'era Messina Denaro che si presentava come Andrea. Tra i partecipanti anche un noto politico, un uomo delle forze dell'ordine graduato e un medico.

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