Donald Trump a testa bassa contro sondaggi sfavorevoli e quello che sembra un mood generale negativo nei suoi confronti che a quindici giorni dalle presidenziali è urgentissimo contrastare. «Cosa succede se davvero perderò? si è chiesto un paio di giorni fa il presidente in uno dei suoi rari accenni all'eventualità di una sconfitta Forse dovrò lasciare il Paese». Il riferimento era al paventato rischio di ritrovarsi oggetto di procedimenti legali al termine del suo mandato presidenziale. Ma Trump non ha alcuna intenzione di gettare la spugna in anticipo (e neanche dopo un eventuale verdetto elettorale avverso, se è per questo): ieri ha proseguito il suo tour di comizi negli Stati in bilico del Nord, dove ha mescolato considerazioni di buon senso a una retorica più aggressiva e velenosa, quella che manda in visibilio il suo corposo zoccolo duro di fedelissimi.
Così a Muskegon nel Michigan uno degli Stati decisivi in cui nel 2016 Trump prevalse a sorpresa per una manciata di voti e dove ora deve ad ogni costo recuperare uno svantaggio da Joe Biden stimato in nove punti percentuali ha prima preso le difese dei monumenti a Cristoforo Colombo attaccati dai «politicamente corretti» della cancel culture, poi ha attaccato la governatrice democratica Gretchen Whitmer, proprio quella che un gruppo di estremisti di destra si riprometteva di sequestrare e che l'Fbi ha salvato nei giorni scorsi con una tempestiva retata di arresti. «Deve riaprire lo Stato e devono rinchiudere lei», ha arringato lo scatenato Trump riferendosi alle severe misure restrittive anti Covid adottate nel gelido Stato esteso tra i Grandi Laghi e il Canada. E la folla rumoreggiante ha risposto riprendendo il suo slogan, lanciato nella campagna di quattro anni fa contro Hillary Clinton: «Lock her up!» rinchiudetela! Al che Trump ha rilanciato compiaciuto rivolgendosi al suo pubblico con un poco presidenziale «Lock'em all up!», rinchiudeteli tutti. La governatrice Whitmer non ha atteso la fine del comizio per replicare indignata con il mezzo preferito dal presidente, un tweet: «Questa è esattamente la retorica che ha messo in pericolo la vita mia, della mia famiglia e di altri funzionari governativi mentre cerchiamo di salvare le vite dei nostri connazionali: la deve smettere».
Spostatosi nel contiguo e ugualmente gelido Wisconsin, Trump ha giocato in un nuovo comizio l'altra sua carta forte. «Joe Biden è l'incarnazione vivente della classe politica corrotta che si è arricchita prosciugando la vita economica e l'anima del nostro Paese», ha gridato alla folla il presidente, per poi aggiungere in un tweet successivo al comizio che «la famiglia Biden è un'impresa criminale, e questo fa sembrare la corrotta Hillary Clinton una dilettante». Con questi messaggi Trump cerca di capitalizzare sulla polemica che vede nel mirino l'imprenditore Hunter Biden, figlio del rivale, per presunti favoritismi ottenuti in Ucraina e in Cina grazie a indebite intercessioni del padre, e soprattutto sul fatto che social come Facebook e Twitter hanno scelto di censurare la diffusione di queste gravi denunce, schierandosi di fatto contro il candidato repubblicano.
Ieri Trump non ha mancato di ritornare sul suo terzo principale cavallo di battaglia, gettando nuovamente ombre sulla correttezza del voto presidenziale.
«Voglio un'elezione equa», ha detto a Muskegon, tenendo ben vivi i fantasmi di accuse alla correttezza del voto postale (già utilizzato da 25 milioni di americani, un numero record) e di un suo possibile rifiuto di riconoscere un'eventuale sconfitta la notte del 3 novembre.
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