Donald Trump

Trump: "No al caos europeo". E in Usa scatta la rivolta buonista

Proteste negli aeroporti, un giudice blocca i rimpatri La Casa Bianca: «Chi ha la green card può entrare»

Trump: "No al caos europeo". E in Usa scatta la rivolta buonista

New York - È caos in America dopo il via libera del presidente Donald Trump al decreto che sospende l'ingresso negli Usa ai rifugiati e ai cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana. Il popolo anti-tycoon ha invaso gli aeroporti protestando contro la decisione e chiedendo il rilascio delle persone provenienti dai Paesi della lista nera bloccate negli scali statunitensi. Ma Trump ha difeso la sua scelta: «Il nostro Paese ha bisogno di confini forti e controlli estremi, adesso - ha tuonato su Twitter - Guardate cosa sta accadendo in tutta Europa e nel mondo, un caos orribile». Per poi ribadire come quello emesso non sia «un bando contro i musulmani», ma contro «il terrorismo nella lotta per tenere il nostro Paese al sicuro».

La Casa Bianca, però, ha fatto una parziale marcia indietro, pur difendendo il decreto: il capo di gabinetto Reince Priebus ha detto che alle persone provenienti dai paesi colpiti dal bando in possesso della «green card», il permesso di residenza permanente, non sarà impedito il ritorno negli Usa. Inoltre gli agenti di frontiera hanno «potere discrezionale» per detenere o interrogare viaggiatori sospetti. Affermazioni che aggiungono incertezza su come la misura verrà interpretata e applicata. Priebus ha negato che vi sia una situazione di caos, sottolineando che ieri 325mila viaggiatori sono entrati negli Usa e solo 109 sono stati fermati: «Gran parte di loro sono già usciti». A tutto va aggiunta l'idea della creazione - già concordata via telefono tra Trump e il re saudita, Salman bin Abdelaziz - di zone di sicurezza in Siria e Yemen per aiutare i profughi in fuga dalle guerre.

Il giudice federale di New York Ann Donnelly, però, ha emesso un'ordinanza che impedisce temporaneamente agli Usa di espellere i rifugiati che hanno già ricevuto l'approvazione del proprio status, e le persone provenienti dai Paesi soggetti all'ordine (Iraq, Siria, Iran, Sudan, Libia, Somalia e Yemen) in possesso di un visto valido. Non è chiaro quanto velocemente questa decisione possa influenzare le persone in stato di detenzione negli scali Usa. «Donald Trump ha subito la sua prima sconfitta in tribunale», ha esultato Anthony Romero, direttore della American Civil Liberties Union, che ha denunciato il caso.

Secondo quanto riferito da un alto funzionario del Dipartimento della Sicurezza interna, nelle prime 23 ore dall'entrata in vigore della decisione è stato negato l'accesso a 109 persone che erano già in volo verso gli Usa, mentre altre 173 sono state bloccate prima di imbarcarsi. E la misura ha scatenato proteste in tutto il Paese, che si sono date appuntamento in tantissimi scali internazionali, da New York a Chicago, da Minneapolis a Dallas, passando per San Francisco, Seattle e Boston. All'aeroporto Jfk migliaia di persone si sono radunate sabato pomeriggio tenendo alti cartelli con scritto: «Lasciateli entrare», «i rifugiati sono i benvenuti», «niente bando e niente muro». Alla manifestazione si è unita anche Cinthia Nixon, la Miranda di Sex and the City, mentre il regista Michael Moore, come sempre in prima fila, ha invitato via Twitter i manifestanti a recarsi al terminal 4, epicentro della contestazione. Ieri, invece, ha chiamato a raccolta il popolo a Battery Park, di fronte alla Statua della Libertà.

Un monito a Trump è arrivato dai vertici del partito repubblicano. Il leader della maggioranza al Senato, Mitch McConnell, ha detto che è una buona idea rafforzare i controlli sull'immigrazione, ma «è importante ricordare che alcune delle nostre fonti migliori contro il terrorismo islamico sono i musulmani, sia qui che all'estero.

Penso che dobbiamo stare attenti, non ci sono test religiosi in questo Paese».

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