Cronache

Trump punta la Cina. "Gravi danni al mondo"

Verso l'emanazione di ordini esecutivi sul gigante rivale. Anche Zuckerberg all'attacco

Trump punta la Cina. "Gravi danni al mondo"

Il Nasdaq raggiunge nuovi massimi dopo la chiusura di venerdì scorso per il 4 luglio, Festa dell'Indipendenza, e Donald Trump esulta, scagliandosi ancora contro i rivali politici interni: «Se volete che questo si distrugga e sparisca, votate per i Democratici nullafacenti della Sinistra Radicale e per il corrotto Joe Biden. Massicci aumenti delle tasse, che vi renderanno velocemente più poveri». Ma è il fronte esterno sul quale The Donald torna a picchiare. E il rivale politico numero uno, all'estero, si chiama Pechino. «La Cina ha causato gravi danni agli Stati Uniti e al resto del mondo», spiega in uno dei suoi cinguettii al vetriolo il capo della Casa Bianca. Il presidente prepara il terreno per gli ordini esecutivi annunciati in un'intervista a Fox News dal suo capo di Gabinetto: Mark Meadows. I provvedimenti toccheranno «immigrazione e prezzi dei medicinali» ma soprattutto - spiega Meadows - «guardiamo a come assicurarci che abbiano come obiettivo la Cina, come far rientrare dall'estero il manifatturiero per garantire sostegno ai lavoratori americani». Obiettivo: continuare a far salire i dati sull'occupazione.

Di mezzo ci sono tre dossier e Trump vuole averla vinta su tutta la linea sul Gigante cinese. Primo: vuole continuare ad attribuire a Pechino l'origine dei disastri che il coronavirus sta facendo negli Stati Uniti. Secondo: vuole lottare contro il 5G cinese e non solo per questioni di pura sicurezza. Di mezzo c'è la geopolitica. Con le sanzioni imposte all'azienda cinese, Trump ha già messo in difficoltà il «leader globale» e sembra voler spingere ancora sull'acceleratore. Con Londra ha funzionato bene e la Gran Bretagna si appresta a dire addio al 5G cinese ora che, a causa di quelle sanzioni, le sue tecnologie sarebbero più vulnerabili, secondo l'intelligence inglese. Ultimo, ma non per ultimo: il caso di Hong Kong. Sull'ex colonia britannica si gioca una partita concreta e al tempo stesso simbolica. In palio c'è il destino di una delle principali piazze finanziarie internazionali ma ci sono anche i valori di libertà di cui gli Stati Uniti si sentono paladini nel mondo e che Pechino soffoca senza remore con la nuova legge sulla sicurezza, che consente di mettere sotto accusa e arrestare gli oppositori pro-democrazia. E a dar man forte alla linea statunitense, ora arrivano anche i due colossi social, Facebook e WhatsApp, entrambi in mano a quel Mark Zuckerberg che, tra molte critiche e a differenza di Twitter, ha deciso di stare dalla parte di Trump e a favore della libertà di espressione, rifiutandosi di oscurare i messaggi del presidente considerati un incitamento alla violenza o «fake news». Quotato in Borsa in quel listino Nasdaq per il quale «The Donald» esulta, il social network ha deciso di sospendere le richieste di accesso del governo di Hong Kong ai dati dei clienti. «Sosteniamo il diritto delle persone di esprimersi senza paura per la loro sicurezza o di subire altre ripercussioni». È un altro muro che si leva contro la Cina e a favore della causa di Hong Kong. Arriva dopo lo smacco del Canada, che ha bloccato l'esportazione di alcuni beni «sensibili» nella metropoli finanziaria e sospeso il trattato di estradizione. E dopo che la Gran Bretagna ha offerto la cittadinanza a tre milioni di abitanti di Hong Kong. La Cina si infuria, accusa Londra e Ottawa di interferenze, sconsiglia addirittura i viaggi in Canada. E ora aspetta l'ultimo colpo di Trump. Che intanto, prima volta in sei anni, manda due portaerei della Marina nel Mar cinese meridionale.

Segno di potenza.

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