D onald Trump riscrive la storia dell'Isis, sottraendone la paternità a Abu Mus'ab al-Zarqaw e attribuendola niente meno che al presidente americano, Barack Obama. All'indomani della battuta chock del candidato repubblicano alla Casa Bianca sul popolo delle armi che «potrebbe fermare Hillary Clinton», il tycoon estrae dal cilindro l'ennesima sparata: Obama è «il fondatore dell'Isis» e il Califfato «lo onora», dice ripetendo l'accusa per ben tre volte, e poi precisando che Hillary «è la co-fondatrice dello Stato Islamico». É un The Donald senza freni quello che sale sul palco per un comizio vicino a Fort Lauderdale, in Florida, durante il quale critica il Commander in Chief e l'ex segretario di stato per aver perseguito politiche che hanno creato un vuoto in Iraq, vuoto che poi è stato colmato dall'Isis. Dopo l'ultima uscita politicamente scorretta il miliardario newyorkese avrebbe ben presto l'occasione di fare marcia indietro, ma nel corso di alcune interviste televisive e di un incontro con i suoi sostenitori a Miami Beach, invece di calmare i toni rincara la dose. Obama è il «most valuable player», «il miglior giocatore» del Califfato, insiste, utilizzando un riferimento al titolo «Mvp» della Nba, la lega del basket professionistico negli Stati Uniti. «E Hillary - chiosa - gli contende il riconoscimento». Non c'è «nessun errore» in quello che ho detto, «credo che piacerà a tutti», precisa poi, ribadendo di non avere alcuna intenzione di ritrattare l'accusa al presidente. Per la Clinton, le parole di Trump sono l'ennesimo «insulto» all'America. Mentre la campagna elettorale della candidata democratica sottolinea che i commenti del tycoon ancora una volta «riecheggiano le posizioni di Putin e dei nostri avversari, i quali vogliono attaccare gli interessi americani e la leadership americana». Nonostante le provocazioni shock degli ultimi tempi, tuttavia, Trump è convinto di aver già «ammorbidito» la sua retorica in vista delle elezioni. In una intervista a Time spiega infatti di aver seguito il consiglio degli esperti, attenuando il suo linguaggio rispetto alla prima fase della campagna elettorale, anche se non nasconde: «Finora mi è piaciuto di più il modo in cui ho corso nelle primarie». «Personalmente, non so se questo è ciò che il Paese vuole - aggiunge - Quando abbiamo teste mozzate in Medio Oriente, quando accadono cose mai avvenute prima in termini di atrocità, forse la gente vuole una retorica più dura». In realtà il re del mattone con le sue sparate sta perdendo sempre più il sostegno dei leader della destra, e deve anche fare i conti con una lettera aperta di 50 esperti repubblicani di sicurezza nazionale (tra cui l'ex direttore della Cia e dell'Nsa Michael Hayden) secondo cui da presidente metterebbe a rischio il benessere e la sicurezza del Paese. Ma può contare su un alleato, la National Rifle Association (Nra), potente lobby delle armi americana che ha lanciato un'offensiva mediatica in North Carolina e in altri tre Stati chiave contro la Clinton, definendola «ipocrita». Nella campagna pubblicitaria da tre milioni di dollari compare l'immagine di una donna che assomiglia all'ex first lady mentre sale a bordo di un jet privato, e la voce spiega: «Lei è una delle donne più ricche in politica, con un reddito complessivo di 30 milioni di dollari.
Gira il mondo su jet privati e da trent'anni è protetta da guardie armate». «Ma non crede nel diritto di poter tenere una pistola in casa per auto-difesa», prosegue lo spot, condannando la volontà di Hillary di approvare norme più restrittive sul controllo delle armi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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