New York Mini-atomiche e una posizione più aggressiva nei confronti della Cina, ma soprattutto della Russia. É la nuova «dottrina Trump» sul nucleare contenuta nel «Nuclear Posture Review», chiesto dal presidente americano un anno fa nei suoi primissimi giorni alla Casa Bianca. L'aggiornamento della politica atomica di Washington delineato dal Pentagono, il primo dal 2010, «affonda le sue radici in una valutazione realistica nell'ambito della sicurezza globale, nella necessità di avere un deterrente verso l'uso delle armi più distruttive del mondo e dell'impegno da parte del nostro Paese alla non proliferazione nucleare», ha spiegato Donald Trump. I cambiamenti apportati, ha precisato il segretario alla Difesa James Mattis nella nota introduttiva del documento, rispondono alla necessità di «guardare in faccia la realtà» e «guardare il mondo per come è, non per come vorremmo che fosse». Una decisione che in parte chiude con l'era Obama, dando il via libera allo sviluppo di due nuove testate a basso potenziale e più facilmente utilizzabili, un missile balistico e un missile Cruise, devastanti ma non catastrofici come le superbombe. Il piano però non stravolge completamente la strategia dell'ex Commander in Chief, poichè non richiede un aumento complessivo dell'arsenale, come Trump aveva promesso in campagna elettorale. E inoltre conferma l'accordo Start («New Strategic Arms Reduction Treaty») con la Russia, che stabilisce un tetto di 1.550 testate nucleari operative e un massimo di 800 vettori per ciascuna delle due potenze. La revisione del Pentagono si sofferma poi su progetti a più lungo termine che considerano la reintroduzione di un missile Cruise da sottomarino noto come Slcm, il cui utilizzo era stato interrotto dall'amministrazione di Bush padre e che Obama aveva rimosso dall'arsenale.
Il dossier ribadisce le preoccupazioni dell'amministrazione per le minacce che vengono dalla Corea del Nord: qualsiasi attacco nucleare di Pyongyang contro gli Usa o gli alleati comporterà «la fine di quel regime». E individua la Cina come potenziale antagonista, affermando che l'arsenale americano è fatto per «impedire a Pechino di concludere per errore» che potrebbe trarre vantaggio dall'uso delle armi nucleari in Asia. Ma soprattutto si delinea una posizione più aggressiva nei confronti della Russia. «Mosca ritiene che gli Stati Uniti e la Nato siano le principali minacce alle sue ambizioni geopolitiche», si legge nel rapporto. Dove per la prima volta si riconosce pubblicamente la convinzione che il Cremlino stia sviluppando una nuova arma atomica di immensa potenza: un «siluro intercontinentale sottomarino» conosciuto come «Status-6», in grado di trasportare un solo ordigno che potrebbe percorrere migliaia di chilometri prima di esplodere poco al largo delle coste americane.
Affermazioni che hanno scatenato l'ira di Mosca: «Il contenuto della nuova dottrina nucleare resa pubblica dagli Usa ci ha profondamente deluso, il grado di ostilità e l'orientamento anti-russo di questo documento sono impressionanti», ha fatto sapere il ministero degli Esteri. «Ovviamente dovremo prendere in considerazione le intenzioni di Washington e adottare misure necessarie per garantire la nostra sicurezza» ha precisato.
«Siamo spiacenti di notare che gli Stati Uniti stanno giustificando la loro politica di potenziamento dell'arsenale con riferimenti alla modernizzazione delle forze nucleari della Russia - ha precisato il ministero - Tutto ciò non ha nulla a che fare con lo stato reale delle cose».
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