New York Donald Trump firma le leggi a favore delle proteste di Hong Kong e scatena l'ira del Dragone. «Ho firmato queste norme per rispetto del presidente Xi Jinping, della Cina e del popolo di Hong Kong», ha comunicato il presidente americano in una nota della Casa Bianca, precisando che sono state varate dal Congresso «nella speranza che le autorità di Pechino e Hong Kong siano in grado di trovare una soluzione amichevole che porti alla pace e alla prosperità di tutti». Il pacchetto di misure, oltre alla verifica annuale sullo stato dell'autonomia e delle libertà dell'ex colonia britannica, necessaria per mantenere lo status di partner commerciale privilegiato, prevede anche il divieto di vendita di lacrimogeni, proiettili di gomma e tutto quanto possa essere utile alle forze di sicurezza locali per stroncare le proteste in corso da oltre cinque mesi. La mossa non è piaciuta a Pechino, che ha minacciato «decise contromisure»: le leggi, ha affermato il ministero degli Esteri, mettono in evidenza «intenzioni minacciose e la natura egemonica degli Stati Uniti».
«Avvisiamo gli Usa di non procedere su questa strada», si legge ancora nella nota, con cui la Cina ha espresso un «profondo rammarico» per la decisione del tycoon, che rappresenta un'interferenza negli affari interni del paese e una violazione delle leggi internazionali, mostrando «uno sfacciato supporto a criminali violenti». Il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang, ha precisato che la firma dell'Hong Kong Human Rights and Democracy Act minerà la cooperazione con il Dragone «in aree importanti», e il numero due della diplomazia di Pechino, Le Yucheng, ha chiesto di evitare atti che possano «danneggiare ulteriormente le relazioni bilaterali». Inoltre, la Cina ha convocato l'ambasciatore americano Terry Branstad, chiedendo la fine delle interferenze di Washington nei loro affari interni. Anche il governo di Hong Kong ha espresso «rammarico» per la firma di Trump, che invia «un segnale sbagliato ai manifestanti», oltre a «interferire negli affari interni», «essere priva di fondamento» e «danneggiare le relazioni e gli interessi tra Hong Kong e gli Usa».
Nell'ex colonia, tuttavia, oltre 100mila persone hanno festeggiato la mossa del Commander in Chief scendendo in strada e sventolando la bandiera a stelle e strisce. Intanto, il leader delle proteste nella città, Joshua Wong, in collegamento video al Senato, ha lanciato una pesante accusa all'Italia: «Da cinque mesi viviamo la brutalità della polizia, che ormai usa armi da fuoco contro i manifestanti. Ci sono anche aziende italiane che contribuiscono e forniscono loro mezzi, tra cui autovetture». «Credo che un paese responsabile come l'Italia dovrebbe dimostrare quanto tenga alla libertà e prendere misure adeguate a riguardo», ha aggiunto, chiedendo di adottare iniziative simili al provvedimento approvato dagli Usa. Wong si è poi detto «piuttosto deluso nel leggere le dichiarazioni indifferenti del ministro degli Esteri Luigi Di Maio sulla terribile situazione dei diritti umani a Hong Kong».
«Sono consapevole che gli imprenditori e i leader politici abbiano paura di sollevare preoccupazioni sui diritti umani con Pechino temendo che questo possa andare contro i loro interessi economici - ha sottolineato - ma chiedo all'Ue e all'Italia di non chiudere gli occhi dinanzi alla crisi umanitaria in corso».
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