Uccise il ladro, il giudice lo rovina

Tabaccaio condannato a due anni e otto mesi e a 325mila euro di risarcimento. Ma il pm lo aveva «assolto»

Lodovica Bulian«Me lo sono trovato di spalle, ho avuto paura. E ho sparato». Nel fermo immagine di quel proiettile esploso contro un malvivente in una notte di terrore di quasi tre anni fa, la vita di Franco Birolo, 47 anni, si era come interrotta, appesa all'accusa pesantissima di omicidio volontario.Perché quel colpo aveva ucciso il ladro che con dei complici stava svaligiando il suo tabacchino a Correzzola, nel padovano, e lui si era ritrovato improvvisamente il protagonista surreale di una storia di assassinio, e per questo rinviato a giudizio. Ora che quell'accusa è diventata una condanna a due anni e otto mesi di reclusione e a un risarcimento salatissimo nei confronti dei familiari della vittima - un ventenne di nazionalità moldava - che si erano costituiti parte civile al processo, l'incubo ricomincia da dove è iniziato.Ieri il giudice del tribunale di Padova Beatrice Bergamasco ha pronunciato la sentenza: Birolo ha agito con eccesso colposo di legittima difesa, di conseguenza la mamma e la sorella del malvivente dovranno essere risarcite. Poco importa che il pm Benedetto Roberti, che in chiusura di indagine aveva chiesto il giudizio per Birolo, in aula avesse invece avanzato al magistrato istanza di assoluzione «per non aver commesso il fatto», riconoscendo che in fondo il tabaccaio non era stato in grado di valutare la reale situazione di pericolo né di intendere che i due banditi fossero disarmati quando, dal suo appartamento al piano di sopra, dove era stato svegliato di soprassalto dal tonfo dei vetri spaccati, si è precipitato nel negozio armato di una calibro 9 semiautomatica regolarmente detenuta.Non poteva rendersi conto dell'entità del rischio quando nella concitazione, Birolo si era ritrovato improvvisamente alle spalle un'ombra. La reazione è stata istintiva. Il commerciante, ex parà, si è sentito minacciato, solo contro tutti, e ha fatto fuoco. Così Birolo in stato di forte stress emotivo, ha rimarcato il suo avvocato, ha tentato di difendersi. «Ho urlato che ero armato. E l'individuo che avevo davanti ha cercato di fuggire - è la ricostruzione che il commerciante aveva affidato ai cronisti -. Gli ho puntato la pistola e l'ho minacciato. Ed è stato in quel momento che è spuntato alle mie spalle un altro individuo». Che forse voleva fuggire. O forse aggredire. Secondo il legale, Luigino Martellato, stava invece per gettare addosso al tabaccaio il registratore di cassa. Lo stesso che il negoziante aveva chiesto all'autorità giudiziaria di dissequestrare dopo la tragedia, per la necessità di rialzare le serrande e dover ricominciare a lavorare.

Ora, invece, la condanna personale al risarcimento monstre da 325mila euro piomba come una scure sull'attività e sulle prospettive di un'esistenza perbene, segnata per sempre dal furto di una notte, da cui Birolo ha avuto la sola colpa di difendersi.

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