Chi di lama ferisce di lama perisce. Potrebbe essere questa la sintesi del destino di Abu Sayyaf, il «boia ufficiale» dell'Isis che aveva eseguito personalmente a colpi di scimitarra un centinaio di condanne capitali comminate dall'autoproclamato Stato islamico nel nord dell'Irak. Abu Sayyaf (che è anche il nome di una famigerata organizzazione terroristica islamica nelle Filippine e lo era anche si un pezzo grosso dell'Isis ucciso nel 2015) è morto accoltellato in un agguato organizzato da un gruppo armato. In lingua araba Abu Sayyaf significa all'incirca «il padre dello spadaio».
L'uccisione del boia del «Califfato» è avvenuta nei pressi della città irachena di Ninive, nel nord dell'Irak, in una località chiamata al-Dasawa.
Sul carnefice dell'Isis circolavano storie inquietanti, come quella secondo cui fosse solito conservare le teste mozzate alle sue vittime per poi gettarle tutte insieme in un'unica fossa nella regione di al-Khasafa.
Le sue vittime morivano in circostanze brutali e in un contesto arcaico, con la testa tagliata da un solo colpo di scimitarra (quando andava bene) davanti a una folle di spettatori convocati per assistere alla terribile efficienza della «giustizia» del califfato: venivano condannate a morte per «colpe» quali aver fumato una sigaretta, non aver fatto crescere la barba in foggia islamica tradizionale, aver ascoltato musica o guardato televisioni straniere, essere omosessuali o presunte spie.
Ad Abu Sayyaf è andata diversamente. Secondo testimonianze, un gruppo armato di coltelli gli ha teso un'imboscata e lo ha sorpreso, massacrandolo di colpi.
Non è dato sapere chi fossero i suoi carnefici, se avversari del califfato o magari parenti o amici di qualcuno che lui aveva giustiziato. Sta di fatto che Abu Bakr al-Baghdadi dovrà trovarsi un altro boia, perché Abu Sayyaf è morto in pochi secondi. Come le sue vittime.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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