Civitanova Marche. «Bella, comprami i fazzoletti o dammi un euro». Tutto qua. È questa la frase che ha scatenato la furia omicida di Filippo Claudio Ferlazzo. Una parola sola, «bella», basta per trasformare l'approccio di un ambulante per «avances» nei confronti della sua fidanzata. Alika Ogorchukwu, 39 anni nigeriano, moglie e figlio di otto anni, è stato massacrato di botte e ucciso davanti a una decina di persone solo per aver cercato di vendere qualcosa.
Il pm Claudio Rastrelli, assieme agli agenti della squadra mobile e del commissariato di Macerata che hanno ricostruito ogni istante di quei quattro minuti di follia, accusa l'operaio 32enne originario di Salerno anche di rapina. Ferlazzo, dopo aver inseguito, bastonato con la stampella, fatto cadere a terra Alika, gli salta addosso e lo immobilizza piegandogli un braccio. E mentre gli schiaccia la testa sull'asfalto fino ad ucciderlo, «Come nemmeno nell'arena dei gladiatori» commenta l'avvocato Francesco Mantella, gli sottrae il telefono cellulare.
Pregiudicato per furto e ricettazione, Ferlazzo era stato assunto da poco in una fonderia di Civitanova Alta. Prima di entrare nel carcere di Montacuto chiede scusa alla famiglia di Alika. Secondo l'omicida reo confesso «l'ambulante chiedeva insistentemente l'elemosina e ha tenuto per un braccio la mia fidanzata». Parole smentite dai testimoni oculari, due turiste, fondamentali per ricostruire i primi istanti della tragedia che si consuma pochi secondi dopo sul marciapiede di corso Umberto I. Sono loro due a indicare agli agenti di polizia la direzione di fuga dell'omicida permettendone l'arresto. Le donne, che hanno assistito alla prima fase della lite in una zona lontana dalle telecamere, mettono a verbale che Alika non avrebbe toccato la donna di Ferlazzo. La vittima cerca di vendere un pacco di fazzoletti e dopo il rifiuto della coppia si allontana. Ferlazzo l'insegue imbestialito. Il dramma è ripreso sia dalle telecamere di sicurezza che dagli smartphone dei passanti. Qualcuno di questi grida a Ferlazzo di farla finita, ma nessuno interviene. Filmano ogni attimo di quella crudele aggressione e la postano in rete. Comportamento che, adesso, sarebbe al vaglio della Procura con l'ipotesi di omissione di soccorso. «Tanta indifferenza preoccupa: si poteva e si doveva intervenire - commenta il parroco di Civitanova Marche, don Mario Colabianchi -. È indecente l'uso dei cellulari per riprendere una brutalità del genere quando invece si doveva provare a fermare la persona». Ferlazzo, sottolineano gli inquirenti, è accusato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Nessun odio razziale.
«La situazione è abbastanza chiara - spiegano Matteo Luconi, dirigente della squadra mobile di Macerata, e Fabio Mazza, dirigente del commissariato di Civitanova -, tutto sembra essere nato da una lite per futili motivi con una reazione abnorme da parte dell'aggressore nei confronti della vittima che gli stava chiedendo l'elemosina». Intanto la comunità nigeriana ha manifestato ieri mattina sul luogo dell'omicidio portando fiori e una foto della vittima.
Con loro la moglie di Alika, Charity Oriachi, 35 anni, e la nipotina di 10 anni. Attimi di tensione quando vengono urlate frasi contro gli italiani che hanno assistito all'omicidio senza fare nulla.
Poi la vedova, assieme al suo legale, l'avvocato Mantella (che ha fatto sapere che «il Comune di Civitanova si è offerto di pagare il funerale di Alika»), è stata ricevuta in Comune dal sindaco Fabrizio Ciarapica. E oggi, al posto delle omelie nelle Messe domenicali, solo silenzio.
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