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Ucraina tra due fuochi: la gaffe di Biden svela le divisioni di Nato e Ue

Ucraina tra due fuochi La gaffe di Biden svela le divisioni di Nato e Ue

Stavolta Sleepy Joe - «Joe l'addormentato», come lo chiama Trump - si è assopito davvero. Anzi peggio, è andato in «tilt» sull'argomento più delicato, quella crisi ucraina che minaccia, nel migliore dei casi, di riaccendere la guerra fredda in Europa e, nel peggiore, d'innescare un devastante conflitto tra Nato e Russia. Ma l'aspetto più sconcertante della disastrosa conferenza stampa di mercoledì alla Casa Bianca è stata la confusione di Biden nello spiegare la linea statunitense, l'incertezza nel delineare una chiara reazione alle mosse russe e, infine la sconcertante ammissione di un evidente scollamento rispetto agli alleati europei. Insomma un vero e proprio «harakiri» alla vigilia del cruciale incontro di oggi, a Ginevra, tra il Segretario di Stato Antony Blinken e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov. Una défaillance a cui il Segretario di Stato ha cercato di mettere una pezza, ieri, durante gli incontri a Berlino con i sempre più scettici alleati di Gran Bretagna, Francia e Germania.

Ma incominciamo dagli svarioni inanellati da Biden mercoledì sera. Il presidente, prima si dice certo che Putin «muoverà» verso l'Ucraina, poi inizia a cavillare distinguendo tra «un'incursione minore che ci porterebbe a dividerci sul cosa fare e cosa non fare» e uno scenario in cui «le forze russe attraversano il confine uccidendo i combattenti ucraini». Un distinguo politicamente e strategicamente disastroso, interpretato dagli avversari repubblicani, e da molti giornalisti, alla stregua di «un semaforo verde che offre a Putin l'occasione di entrare in Ucraina a suo piacere». Tanto da costringere poi il presidente a dover precisare che qualsiasi ingresso di militari russi in Ucraina sarebbe una «invasione».

La ciliegina sulla torta è però la rassegnazione con cui Biden ammette che alla fine la reazione americana dipenderà da «quello che lui (Putin, ndr) farà» e «dalla misura in cui riusciremo a ottenere l'unità sul fronte della Nato». Uno svarione ancor più grave perché il Comandante in Capo ammette di essere in balia delle mosse avversarie e di guidare un'Alleanza Atlantica divisa e poco disposta a seguire gli Stati Uniti non solo sul fronte dell'appoggio militare all'Ucraina, ma persino su quello delle sanzioni economiche. Divisioni evidenziate qualche ora prima da un Emmanuel Macron che presentando il semestre di presidenza francese all'Europarlamento ha sottolineato come sia vitale per l'Europa intavolare «un proprio dialogo con Mosca». Un evidente distinguo rispetto alla pretesa di Washington di monopolizzare i colloqui con Mosca escludendo i paesi europei. Un distinguo, ma anche un pretesto per rilanciare i negoziati del cosiddetto «format Normandia». Negoziati alternativi alla trattativa americana in cui la Francia gioca un ruolo cruciale al fianco di Germania, Ucraina e Russia.

Ma il vero ventre molle della Nato è però quella Berlino in cui Blinken incontra, ieri, il ministro degli Esteri e leader verde Annalena Baerbock. Un ministro considerato filo atlantista, ma chiamato a far i conti con un premier Olaf Scholz allineato alle posizioni di una socialdemocrazia tedesca da sempre aperta e disponibile nei confronti della Russia. Posizioni condivise non solo da una larga parte dell'opinione pubblica, ma anche da un mondo industriale e da vasti settori dell'opposizione cristiano democratica della Cdu assai poco propensi a condividere le richieste statunitensi di armare l'Ucraina o appoggiare l'esclusione della Russia dal circuito bancario «swift». Un'esclusione che bloccherebbe ogni transazione finanziaria con Mosca costringendo la Germania a rinunciare a oltre 23 miliardi annui di esportazioni e a cercare altrove quel gas russo che rappresenta il 47 per cento del suo consumo annuo. Insomma Blinken può anche auspicare - come ha detto dopo l'incontro con la Baerbock - «di affrontare la Russia agendo insieme ed esprimendoci con una sola voce».

Il difficile sarà farlo credere allo stagionato e coriaceo Sergey Lavrov.

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