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Ucraina, l'immobilismo di Di Maio e l'inutile pacifismo del Pd

L'appello dei dem: "Una grande mobilitazione contro la guerra". Ma la crisi ucraina si risolve con la diplomazia e per troppi anni si è allontanata la Russia dall'Occidente

Ucraina, l'immobilismo di Di Maio e l'inutile pacifismo del Pd

Fermi tutti. Adesso è la volta buona. Non solo che Joe Biden e Vladimir Putin si stringano la mano e, seduti a un tavolo, siglino un patto di non belligeranza e di cooperazione per il prossimo secolo. Potrebbe anche essere la volta buona di una demilitarizzazione dell'Ucraina e dell'intero confine che separa la Russia dall'Unione europea. Il tutto potrebbe accadere se il Partito democratico dovesse infine decidere di far suo l'appello (lanciato ieri dal vicepresidente del gruppo dem alla Camera, Roberto Morassut, e subito raccolto da big del calibro di Laura Boldrini e Nicola Oddati) di organizzare "una grande mobilitazione contro la guerra". Se il popolo piddino dovesse scendere in piazza, il Cremlino e la Casa Bianca non potranno restare indifferenti. Ne siamo certi. A quel punto smetteranno di soffiare venti di guerra da est.

Talvolta l'ironia è l'unica arma che ci rimane per non abbandonarci allo sconforto. E quello suscitato dai recenti propositi di Morassut e compagni non è certo poco.

La tensione tra la Russia e l'Ucraina, che nelle ultime settimane ha portato ad una escalation militare con gli Stati Uniti e la Nato, ha messo nuovamente in luce l'inconsistenza e la debolezza dell'Unione europea. Mai, a Bruxelles, sono riusciti a mediare per evitare che scoppiasse un conflitto alle sue porte. L'Italia, che dipende in larga misura dal gas russo, avrebbe dovuto più di tutti battersi per evitare questo inutile braccio di ferro che danneggia soprattutto le nostre aziende e la nostra economia. Quando si sarebbe potuto avvicinare Mosca all'asse atlantico, si è fatto di tutto perché questa si allontanasse e voltasse lo sguardo verso Pechino. Un errore di prospettiva. Silvio Berlusconi lo aveva capito prima di tutti e a lungo si era prodigato per porre fine alla Guerra Fredda facendo sedere allo stesso tavolo Putin e Bush junior. Troppi, a Bruxelles come a Roma, hanno dimenticato lo spirito di Pratica di Mare. E oggi ne paghiamo le conseguenze.

Dal 2014 a oggi l'Occidente ha preferito il muro contro muro alla diplomazia e alla realpolitik. Certo, Donald Trump e la sua amministrazione ci hanno messo sopra il carico da novanta. Ma la russofobia fomentata negli ultimi anni dai progressisti ha contribuito a creare un clima che non ha sicuramente favorito il dialogo. Tanto che quello che dovrebbe essere un partner strategico a livello geopolitico, energetico e commerciale è tornato ad essere il nemico da contrastare. Esattamente come durante la Guerra Fredda. Oggi il terreno di scontro non poteva che essere l'Ucraina, una ferita aperta otto anni fa e mai chiusa. E, mentre la Russia e gli Stati Uniti hanno continuato ad alzare sempre più la voce, l'Italia e l'Unione europea si sono rintanate nel proprio cantuccio. Giusto oggi, qualche ora prima che il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, parlasse di chance per un accordo, il numero uno del Viminale, Luigi Di Maio, si è deciso ad annunciare la propria visita a Kiev.

"Nei prossimi giorni".

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