Lecce - La peste degli ulivi continuava ad avanzare e a fare strage di alberi secolari nel cuore della Puglia, mentre lo Stato italiano non applicava le misure obbligatorie disposte dall'Unione europea per arginare il batterio. Una parte della storia della xylella fastidiosa, il batterio che sta devastando le campagne salentine, è scolpito nella sentenza della Corte di giustizia dell'Ue. Che con questa motivazione ha accolto il ricorso della Commissione contro ritardi e mancanze nelle ispezioni e nell'abbattimento delle piante infette da parte delle autorità nazionali. Risultato: la procedura di infrazione avviata nel 2015 contro l'Italia si è conclusa con la condanna per primo inadempimento, che prevede solo il pagamento delle spese processuali. Ma al di là del danno monetario per la casse pubbliche, resta il disastro ambientale e anche economico in una terra dove l'antica magnificenza degli ulivi ha da tempo lasciato il posto a distese spettrali di tronchi tagliati a metà che si alternano a giganti dalle chiome irrimediabilmente secche.
Il batterio è classificato come xylella dal 2015, ma in realtà già cinque anni prima le chiome degli alberi hanno cominciato a seccarsi. La zona maggiormente colpita inizialmente era quella di Gallipoli, ma da lì l'emergenza si è estesa rapidamente. Al punto che al capezzale della Puglia ferita è intervenuta la Commissione europea. Da Bruxelles sono partite precise misure di diversa intensità a seconda delle aree prese in esame, un intervento che si è scontrato ben presto con il fuoco di sbarramento alimentato da teorie negazioniste in salsa ambientalista che hanno contribuito a complicare le cose. Il termine fissato dall'Ue per ottemperare a quelle indicazioni era la metà del settembre del 2017 e nel 2018 è scattato il ricorso contro l'Italia per inadempimento. Ebbene, secondo i giudici della Corte di Giustizia l'Italia è colpevole sotto due aspetti: non ha proceduto immediatamente alla rimozione di tutti gli alberi infetti nella fascia di venti chilometri confinanti con la zona cuscinetto e non ha garantito nella zona di contenimento il monitoraggio necessario attraverso ispezioni annuali da fare al momento opportuno nel corso dell'anno. E a nulla sono valse le giustificazioni per i ritardi, tra cui il fiume di ricorsi amministrativi che hanno fatto inceppare le operazioni: per la Corte sono situazioni interne che non autorizzano «l'inosservanza degli obblighi e dei termini derivanti dal diritto dell'Unione». Adesso all'Italia tocca adeguarsi alla decisione per evitare sanzioni pecuniarie. Nel frattempo infuriano le polemiche. Anche a livello politico. «Il prevalere nel passato governo di teorie pseudoscientifiche, avallate irresponsabilmente anche dalla demagogia del governatore Emiliano ha provocato una catastrofe ambientale ed economica» dichiara la capogruppo al Senato di Forza Italia Anna Maria Bernini, che annuncia un sopralluogo nelle zone colpite per mercoledì prossimo. E mentre gli agricoltori sono da tempo sul piede di guerra e sottolineano come siano 21 milioni gli alberi infetti lamentando danni per oltre un miliardo di euro, il governatore pugliese Michele Emiliano alla guida di una giunta di centrosinistra respinge le critiche.
Per il presidente della Regione la sentenza europea «riguarda tutto il periodo in cui la lotta alla xylella era sotto la esclusiva responsabilità del governo italiano e dei suo commissari»; inoltre - precisa - secondo la sentenza «i ritardi degli abbattimenti degli alberi infetti da xylella sono da ricercarsi nelle mancanze della legislazione nazionale e nei sequestri operati dalla Procura di Lecce che hanno impedito le estirpazioni». Il riferimento è a un'inchiesta avviata nel 2014, che si è conclusa il 7 maggio con l'archiviazione.
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