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Ue, crisi dei migranti tra Polonia e Bielorussia. "Morti lungo il confine per il freddo e la fame"

Condizioni disumane. Medici senza frontiere: "Profughi usati come armi"

Ue, crisi dei migranti tra Polonia e Bielorussia. "Morti lungo il confine per il freddo e la fame"

Due giorni dopo il via libera del governo di Varsavia alla costruzione di un muro al confine con la Bielorussia per impedire l'accesso dei migranti sul proprio territorio, la situazione umanitaria sta degenerando. Le guardie di confine polacche respingono oltre la barriera di filo spinato i siriani, gli iracheni e gli afgani che dal territorio bielorusso cercano di penetrare nel Paese per proseguire in qualche modo verso la Germania, ma una volta che i disgraziati sono tornati in Bielorussia incontrano le guardie di frontiera di Minsk che li risospingono verso la Polonia. Tutto questo avviene nel freddo intenso della foresta, che insieme con la scarsità di cibo e acqua mette a rischio la vita dei profughi. Ma questo non sembra un problema né per la Bielorussia né per la Polonia: la triste verità è che questi sciagurati vengono «usati come armi», come ha testimoniato un volontario di «Medici senza frontiere» al britannico The Guardian.

La crisi migratoria al confine orientale dell'Unione Europea ha la sua origine nella rivolta dell'agosto 2020 in Bielorussia. Dopo che il dittatore Lukashenko proclamò la sua larga vittoria alle presidenziali del 9 agosto, esplose nel Paese una protesta di massa contro gli evidenti brogli ai danni della candidata dell'opposizione democratica Svetlana Tikhanovskaya. Per settimane il centro della capitale Minsk e le principali città bielorusse furono teatro di manifestazioni che chiedevano le dimissioni di Lukashenko. Il regime reagì con la violenza e migliaia di arresti, costringendo alla fuga all'estero i vertici dell'opposizione. L'Ue rifiutò di riconoscere la vittoria di Lukashenko, che è arrivato a far dirottare su Minsk un volo Ryanair per arrestare un oppositore a bordo. La Tikhanovskaya e altri leader trovarono rifugio nelle confinanti Polonia e Lituania, e Lukashenko minacciò di vendicarsi favorendo un massiccio afflusso di migranti in questi due Paesi, entrambi membri Ue. Cosa puntualmente avvenuta.

Non sono pochi, ad esempio, i siriani arrivati a Minsk in aereo via Beirut per poi ingegnarsi a raggiungere il confine polacco con mezzi propri, sapendo che la polizia bielorussa non li avrebbe ostacolati. Una volta giunti lì, però, comincia il loro inferno. Nel cuore della foresta, spesso con bambini al seguito, senza ripari se non quelli offerti da qualche cittadino mosso a pietà al di qua o al di là della frontiera, vengono respinti con la forza bruta verso la zona militarizzata a ridosso del confine sia dai polacchi che dai bielorussi: i primi (oltre 10mila militari inviati dal governo a dar manforte alle guardie di confine) non vogliono che entrino in Polonia, i secondi non permettono che tornino verso Minsk perché hanno ricevuto l'ordine di mantenerli a far pressione sul confine polacco e lituano. Nelle scorse settimane si sarebbero contati otto morti tra i migranti, e secondo dati di Varsavia ben 15mila casi di tentato passaggio illegale del confine. La Polonia, che con altri dieci Paesi Ue aveva invano chiesto a Bruxelles fondi per la costruzione del muro di frontiera, afferma di proteggere non solo sé stessa, ma il resto dell'Ue.

E in effetti la stessa Germania sta assistendo all'arrivo di centinaia di profughi.

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