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Ultima concessione Ue: Brexit entro il 22 maggio: "Ma May non è credibile"

I leader: rinvio breve con l'ok dei Comuni. «No deal» più vicino. Pesa la linea dura di Macron

Ultima concessione Ue: Brexit entro il 22 maggio: "Ma May non è credibile"

«Vive la France» twitta il falco della Brexit Jacob Rees Mogg all'indiscrezione, improbabile, che Parigi voterà contro qualsiasi rinvio della Brexit in Consiglio europeo. Ma tanto basta per capire chi, in Europa, sta spingendo per la linea dura con Londra, contro lunghi rinvii e dunque verso un no deal che si fa sempre più vicino, a una settimana esatta dal 29 marzo fissato per il divorzio. Perché un dato è certo dopo la bozza di conclusioni del vertice circolata a Bruxelles: ora che la Ue si dice pronta ad accettare la richiesta di un rinvio breve avanzata dal Regno Unito, ma solo per due mesi, fino al 22 maggio, e a condizione che prima arrivi il via libera della Camera dei Comuni di Londra all'intesa May-Ue, l'europeista Emmanuel Macron è ormai uno dei principali alleati involontari dei Brexemists, gli estremisti della Brexit. Il presidente francese è il leader più convinto che serva lasciare la Gran Bretagna al suo destino se, come sembra dal caos politico che regna sovrano a Westminster, non si deciderà a votare per una terza, decisiva volta a favore dell'accordo con la Ue la prossima settimana.

Così, mentre l'instancabile premier inglese è a Bruxelles, a pregare per uno slittamento al 30 giugno, mentre i leader Ue si dicono pronti a concedere una proroga che eviti il corto circuito della partecipazione inglese alle Europee del 26 maggio, Macron appare il leader più pragmatico e perentorio - persino speranzoso - che guarda al no deal con fatalismo quasi sospetto.

«Siamo pronti alla Brexit, non l'abbiamo scelta noi ma i britannici. E dobbiamo essere coerenti», dice il presidente francese mentre la Polonia, per la prima volta, rompe il fronte dei 27 spingendo per una proroga di 9 mesi, anche senza ok della Camera inglese. «Non possiamo fare come se gli inglesi non avessero votato a favore dell'uscita», spiega invece Macron facendosi paladino della volontà popolare. «È molto importante che i dirigenti europei rispettino e ascoltino le scelte dei popoli quando si esprimono». Quanto alla richiesta di rinvio di Londra: «Sono evidentemente aperto a una proroga tecnica il più corta possibile in caso di voto positivo di Westminster», ha spiegato Macron sintetizzando la linea europea. «Sarebbe irresponsabile concordare proroghe lunghe continue senza sapere ciò che i britannici vogliono fare». E qui il capo dell'Eliseo si svela: per un rinvio lungo «servirebbe un cambiamento politico profondo». È quello che pensano ormai in Europa: uno slittamento avrebbe senso solo se a Londra, ora che May non è più credibile, ci fosse un cambio di leadership.

Un'ipotesi non improbabile visto l'angolo nel quale si è messa Theresa May, che mercoledì ha persino peggiorato la situazione con un discorso in cui ha accusato i deputati dello stallo, facendo imbufalire loro e parte degli elettori. Lo Speaker della Camera, John Bercow, ha risposto in Aula: «Qui non ci sono traditori, tutti voi fate del vostro meglio». Intanto Corbyn nelle stesse ore era anche lui a Bruxelles.

Il Regno Unito viaggia non solo verso il no deal ma anche verso la fine politica di May che potrebbe riaprire ogni opzione: elezioni anticipate, un possibile secondo referendum e persino la revoca dell'articolo 50, dunque della Brexit, come dimostra la petizione firmata da oltre un milione di persone. D'altra parte la rottura è quello per cui, al fianco di Macron, sta lavorando da tempo Tony Blair. Al capo dell'Eliseo avrebbe suggerito di spingere l'Europa verso una linea dura con May, in modo che il suo accordo venisse bocciato. Siamo a quel punto.

Senza il via libera della Camera, un'impresa difficilissima, sarà no deal.

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