Afghanistan in fiamme

Le ultime ore del ritiro e la fretta condivisa. Soffiata dei talebani per chiudere la partita

I talebani vogliono controllare Kabul senza i fari dell'opinione pubblica mondiale, gli Usa di lasciare il Paese. Cellula Isis segnalata dal regime

Le ultime ore del ritiro e la fretta condivisa. Soffiata dei talebani per chiudere la partita

Mancano solo 24 ore e americani e talebani hanno ormai un solo obbiettivo, farla finita nonostante l'Isis. Gli americani non vedono l'ora di caricare sugli aerei gli ultimi quattromila soldati, i circa mille civili rimasti all'aeroporto e rientrare senza nuovi morti. I talebani sono ansiosi di esercitare il totale controllo su Kabul e liberarsi dalla pressante attenzione dell'opinione pubblica internazionale. «Stiamo aspettando il cenno finale degli americani per assicurarci il pieno controllo sull'aerostazione», annunciavano ieri spiegando che i loro tecnici e ingegneri sono pronti a gestire lo scalo.

Il passaggio di consegne è confermato dagli stessi americani che sostengono di aver già trasferito ai talebani il controllo di tre dei quattro varchi lungo il perimetro dell'aerostazione. I nemici sembrano essersi accordati pur di raggiungere una transizione veloce e indolore. Una transizione indispensabile ai talebani per ribadire il pieno controllo della capitale e alla Casa Bianca per rivendicare l'unico e ultimo successo possibile ovvero la fine dell'evacuazione nei tempi prefissati.

In questo ambiguo contesto, i missili che ieri hanno incenerito una coppia di attentatori suicidi, pronta a firmare una nuova strage all'aeroporto a nome di Isis Khorasan, sono stati accolti con apparente indifferenza dai talebani. Anche perché l'eventuale attentato rischiava di falcidiare le unità jihadiste sostituitesi agli americani nel controllo dei tre cancelli passati in mani talebane. Anche per questo le informazioni utilizzate per neutralizzare gli attentatori potrebbero esser arrivate dagli stessi talebani. Niente di strano visto che spesso negli anni passati i resti delle cellule Isis, intercettate precedentemente dai reparti governativi o dalle forze speciali Usa, venivano annientate dall'intervento dei nipotini del Mullah Omar.

L'intercettazione, seppur all'ultimo minuto, della macchina con due attentatori suicidi a bordo rappresenta comunque un successo visto l'assenza di quell'intelligence garantita in passato dalla presenza della coalizione e dei loro alleati afghani. Anche perché, ieri mattina, la minaccia di un nuovo attentato all'aeroporto veniva data praticamente per certa.

Dietro il successo del raid vi sono intercettazioni satellitari a tappeto e il dispiegamento di una flotta di droni su tutte le aree di Kabul dove erano segnalate basi di Isis Khorasan. Ma se è vero, come informa il Pentagono, che il missile ha innescato numerose detonazioni secondarie, allora il raid del drone potrebbe esser arrivato quasi «in extremis». O meglio durante quel trasferimento finale al termine del quale i kamikaze avrebbero indossato le cinture suicide mescolandosi alla folla. Una sorta di roulette russa rispetto alle procedure che impongono di fermare kamikaze e mandanti prima della consegna della cintura per evitare una roulette russa sul filo dei minuti. E forse proprio quel ritardo ha reso inevitabile l'uccisione di quattro bambini presenti, secondo la tv afghana Ariana News, sul luogo del raid. In questa reciproca fuga dall'aeroporto e corsa per aggiudicarselo, gli unici vincitori restano comunque i talebani. Svanita la presenza americana e occidentale potranno chiudere quel teatrino di Kabul dove dal 16 agosto va in scena la rappresentazione di un nuovo «talebanesimo» apparentemente moderato, privo di legami con i terroristi e pronto al dialogo con l'Occidente.

Una rappresentazione che contrasta assai con le notizie provenienti da quelle provincie dove le donne tornano a diventare fantasmi, gli oppositori, come il cantante Fawad Andarabi ucciso ieri, vengono eliminati e dove la presenza di Al Qaida continua seppur in sordina.

Il tutto nell'attesa di un governo che promette di rivelarsi non troppo diverso da quello guidato 20 anni fa dal Mullah Omar.

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