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Ultimo round in Parlamento: via libera appeso a 30 voti

Domani decide Westminster: rischio bocciatura Il premier può sperare nei laburisti pro-Brexit

Ultimo round in Parlamento: via libera appeso a 30 voti

È tutto appeso al pallottoliere. Tutto nelle mani del Parlamento di Westminster, ormai diviso in fazioni più che in partiti. È tutto nelle mani dei deputati inglesi che finora hanno saputo esprimere decine di «no» ma non hanno saputo offrire una maggioranza costruttiva e chiara che indicasse la via d'uscita al pantano della Brexit. Boris Johnson dipende da loro, dal via libera indispensabile dell'Aula all'intesa con Bruxelles. Come Theresa May, anche lui è a un passo dalla gloria e sull'orlo del precipizio. Per questo BoJo ha deciso di tornare al vecchio mantra, ora che mancano 24 ore al «Super Saturday», il giorno nel quale dopo 37 anni, per la prima volta dalla guerra delle Falkland, il Parlamento si riunirà di sabato. Questo accordo o nessun accordo, è lo spauracchio che il capo del governo sventola di nuovo ai parlamentari. Juncker sembra dargli man forte: un rinvio della Brexit non è in vista, dice. Salvo poi essere smentito da Donald Tusk e Angela Merkel: sulla proroga non abbiamo ancora preso decisioni.

Eppure è con l'arma del no deal ancora sul tavolo, anche grazie all'assist di Juncker, che Johnson intende affrontare il gradino Hillary, l'ultimo passo per la conquista del suo Everest. A Bruxelles, il primo ministro dice di potercela fare, ma dovrà vedersela con quel maledetto pallottoliere che per ben tre volte ha beffato Theresa May. Un'impresa per nulla facile mettere insieme una maggioranza per un premier che guida un governo di minoranza. E infatti sabato la partita si giocherà davvero sul filo. Ancor più dopo la bocciatura dell'accordo da parte del Dup, il partito nord-irlandese che parecchio ha pesato sulle trattative e che senza i suoi 10 deputati toglie una stampella importante a Johnson. Secondo i conti di Mark Spencer, il capogruppo conservatore ai Comuni, con i voti del Dup il governo ce l'avrebbe fatta per un solo voto. Ora quei voti ufficialmente mancano.

Al primo ministro serve una maggioranza di 320 deputati. È probabile che Johnson non avrà problemi a confermare i 286 che l'ultima volta, il 29 marzo, l'ex premier May riuscì a mettere insieme senza superare la fatidica prova (i «no» furono 344). E da qui si parte. Da quella trentina di voti circa che mancano. Dove potrebbe pescarli Johnson? C'è chi sospetta che qualcuno fra i dieci deputati del Dup potrebbe ancora cambiare idea, ma nel pallottoliere non è il caso di includerli. Chi potrebbe invece essere imbarcato sono alcuni fra i 28 «Spartani» che hanno sempre votato contro l'intesa di Theresa May e rappresentano il sottogruppo conservatore dell'Erg, lo European Research Group del falco della Brexit, Jacob Rees-Mogg. Quattro di loro sono stati imbarcati al governo da Johnson e altri potrebbero seguirlo ora che ha fatto sparire l'odiato backstop, pur riproposto in una versione molto simile a quello per la sola Irlanda del Nord.

Importante sarà anche la posizione dei 21 ribelli Tory, espulsi dal partito per aver votato la legge che impedisce il no deal. Il rischio di un'uscita senza accordo il 31 ottobre non è del tutto escluso e qualcuno potrebbe ricredersi.

Ma il paradosso del «Super Sabato» di Johnson è che l'esito del voto è soprattutto appeso ai Laburisti. A inizio mese in 19 hanno scritto una lettera alla Ue chiedendo di siglare un'intesa con Johnson. E potrebbero essere di più a disattendere gli ordini di scuderia del leader Corbyn, pronti a sostenere l'intesa, anche per rispondere agli elettori delle circoscrizioni laburiste pro-Brexit. Tra loro c'è Stephen Kinnock, figlio dell'ex leader laburista ed ex vicepresidente della Commissione Europea, Neil Kinnock.

La situazione è incerta e caotica. Se l'accordo passasse, i deputati potrebbero chiedere domani che venga sottoposto a un referendum confermativo (lo prevede l'emendamento Letwin passato ieri). E un voto popolare riaprirebbe di nuovo la partita. Se invece il Parlamento bocciasse l'intesa, non è escluso che Johnson tenti ancora di tirare dritto verso il no deal, anche se la legge Benn gli impone il contrario. Ma quel che risulterebbe più facile al premier sarebbe cavalcare l'incertezza di un probabile nuovo rinvio. Cercando le elezioni anticipate e scaricando la colpa su chi ha bocciato la sua intesa con la Ue.

I sondaggi (per ora) dicono che è un leader molto più popolare del rivale Corbyn.

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