Unione civile Renzi-Alfano ma senza giurarsi fedeltà

Fra riunioni fiume ed equivoci, Pd e Ncd trovano l'accordo sul maxi-emendamento che blinda con la fiducia il ddl Cirinnà «depurato» da richiami al matrimonio e adozioni

E benvenuto sia pure il Verdini alle unioni civili, con bacio di fiducia in fronte a Renzi. «Più siamo e meglio stiamo», s'acconcia tosto Angelino Alfano. Ma il suo inno alla gioia sospira pesantemente di scampato pericolo, dopo una giornata di stop and go, commedia degli equivoci, fraintendimenti fraintesi, parole sorde e ceselli al testo che ormai «fu Cirinnà».Alla fine, solo in serata, l'accordo sul maxiemendamento si fa, e oggi (forse) si suggella pure con l'arrivo degli Ala verdiniani in pattuglia acrobatica. Messa in soffitta l'«adozione del figliastro», cosiddetta stepchild adoption, con il capogruppo Zanda che preannuncia un apposito pdl da approvare in velocità entro legislatura, viene tirato via anche l'«obbligo di fedeltà», come da pressante suggerimento del Vaticano e in virtù di quello che il cardinale Parolin, segretario di Stato, ha definito «il punto fondamentale». Cioè che «non si equipari in nessun modo il matrimonio all'unione civile, che siano due discipline completamente distinte». E su questo s'è cominciato a lavorare fin da ieri mattina, subito dopo che la ministra Lorenzin aveva tirato la corda come da copione: «Lo stralcio della stepchild adoption non è sufficiente». Stop più tardi ridimensionato, anzi smentito, per interposta persona del pidino Ivan Scalfarotto: «Il ministro della Salute mi ha telefonato poco fa, dicendomi che le sue parole sono state travisate. Lorenzin ha sostanzialmente smentito. Anzi mi ha invitato a dirlo...», spergiurava. Nel frattempo era andato in scena l'ennesimo inconcludente irrigidimento della minoranza pidina («Altri cedimenti a Ncd sarebbero inaccettabili», tuonava Speranza, mentre Michela Marzano annunciava l'addio al partito), con il sottosegretario Pizzetti che invitava la ministra ad accucciarsi: «Lorenzin, credo, non debba chiedere nient'altro». De hoc satis. Poco più tardi, in realtà, al comma 4 veniva aggiunto un inciso scivoloso («resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti») che demanda di volta in volta alla discrezionalità del giudice giudicante su ricorsi gay. Eppure nella ridda confusa di voci e proteste - per lunga parte della giornata i gruppi Lgbt hanno bloccato il corso del Rinascimento, ingresso principale del Senato -, nella catena di riunioni a raffica ospitate dal capogruppo pidino Zanda, la singolare posizione in retromarcia della Lorenzin neppure poteva dirsi l'elemento di maggior confusione. Scontato lo stralcio delle adozioni, rimasti il riferimento alla vita familiare e l'obbligo di mantenimento post-separazione, al fine della necessitata differenziazione dal matrimonio finiva per farci le spese il concetto più astratto e impalpabile, quell'«obbligo di fedeltà» già troppo spesso lettera morta anche per gli «etero». Ma per Ncd era diventato obbiettivo cardine: «Il risultato mi fa stare in pace con la coscienza, scripta manent», esagerava alla fine Alfano. Così da consentire la massima irrisione da parte del portavoce Gay Center: «Salta l'obbligo di fedeltà su richiesta di Ncd? Vuol dire che il cattolico Alfano è favorevole alle corna? Dopo tutto lui ne è un esperto, politicamente parlando». Ineccepibile.

Ma se canta per l'uovo Alfano, cinguetta per la gallina afferrata in extremis Renzi. «L'accordo sulle unioni civili è un fatto storico per l'Italia. È davvero #lavoltabuona». Vero, per ora. Cambiato verso, gabbato grillino, fiducia ci cova. La prima chiama è prevista per stasera alle 19.

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