
Amir Avivi è un ex generale di brigata dell'Idf con un lungo percorso militare alle spalle. Durante il suo servizio ha ricoperto una serie di ruoli di alto livello nell'esercito israeliano tra cui vice controllore delle forze di sicurezza, direttore dell'ufficio del capo di stato maggiore, vice comandante della divisione Gaza, comandante della divisione Sagi, comandante del battaglione 605 e comandante della scuola di ingegneria da combattimento. Oggi presiede l'«Israel Defense & Security Forum», un think tank israeliano con «oltre 35mila ufficiali di riserva e operativi provenienti da tutti i rami delle forze di sicurezza israeliane». Lo abbiamo intervistato in merito all'attacco di Israele all'Iran.
Quali sono le motivazioni che hanno spinto Israele ad attaccare l'Iran?
«Lo Stato di Israele ha lanciato un'operazione militare decisiva volta a neutralizzare la minaccia nucleare iraniana che ha superato la retorica ed è maturata in un chiaro e attuale pericolo esistenziale. Per decenni l'Iran ha promesso di cancellare Israele dalla carta geografica. Dopo aver passato decenni a dimostrare chiaramente la progressione dell'Iran verso lo sviluppo dell'arma con i mezzi per raggiungere l'obiettivo, unitamente al suo rifiuto di rispettare i parametri molto chiari delineati negli sforzi diplomatici dell'amministrazione Trump, Israele è giunto all'unica conclusione logica: se vuole sopravvivere, deve distruggere le sue capacità nucleari».
Quanto l'attacco di ieri è legato al 7 ottobre e al finanziamento iraniano di Hamas e Hezbollah?
«Credo che la domanda debba essere invertita. L'Iran è sempre stato il coordinatore degli attacchi contro Israele. Una delle manifestazioni di tale finanziamento, addestramento, sostegno, incoraggiamento è stata il 7 ottobre, un'altra è stata Hamas, un'altra Hezbollah, un'altra ancora gli Houthi. Eccetera».
Vista la sua lunga esperienza nell'esercito, da un punto di vista militare come si è svolto l'attacco?
«L'attacco è stato il risultato di un'accurata intelligence che ha coinvolto più di 200 aerei dell'aviazione israeliana che hanno colpito più di 100 obiettivi, tra cui strutture nucleari, basi militari, fabbriche di missili, leadership militare iraniana e scienziati di armi nucleari».
Non c'è il rischio di destabilizzare il Medio Oriente scatenando una guerra più ampia?
«L'Iran è stata la forza più destabilizzante del Medio Oriente. Non attaccare l'Iran e permettergli di ottenere un'arma nucleare garantisce una guerra che si espande oltre il Medio Oriente. I missili intercontinentali che l'Iran ha sviluppato non sono destinati a colpire Israele, ma a obiettivi molto più lontani. Distruggere la capacità nucleare dell'Iran è la migliore possibilità per la stabilità del Medio Oriente e della regione».
Secondo lei che ruolo hanno giocato Donald Trump e gli Stati Uniti?
«Trump deve continuare a esprimere sostegno allo sforzo bellico di Israele e dimostrare che non c'è distanza tra i nostri Paesi. Israele ha portato a termine un attacco di proporzioni immense, letteralmente un Davide contro Golia».
Quali saranno le prossime mosse di Israele?
«Ulteriori attacchi che danneggino maggiormente le infrastrutture chiave che supportano le loro ambizioni di armamento nucleare».
Ora come reagirà l'Iran?
«Minaccerà audacemente Israele e le altre democrazie occidentali e probabilmente colpirà Israele con armi letali.
Sarebbero saggi se accettassero la via di fuga degli Stati Uniti e si impegnassero a non arricchire l'uranio ma credo che questo sia meno probabile. Penso anche che stringeranno le maglie del dissenso civile all'interno dell'Iran: l'unica cosa più importante della distruzione di Israele per il regime è la propria autoconservazione».