Resiste, eccome se resiste, quel Muro. Nell'era della promiscuità, del trionfo degli eccessi e dell'esibizionismo, delle rivendicazioni sessuali e delle bandiere omosex che sventolano sui municipi, c'è un angolo dove il tempo è rimasto immobile. Dove la Storia scorre, ma non fa rumore. Fissa le tradizioni e restituisce suggestioni di un passato capace di riscoprirsi ancora attuale.
Quella barriera bianca di mattoni alta tre metri, da oltre un secolo taglia la spiaggia in due e separa gli uomini dalle donne. Non siamo in Medio Oriente, ma nella laicissima Trieste, dove quel Muro eredità dell'impero asburgico - era il 1906 quando è stato eretto per impedire «atti contrari alla decenza» - continua a vivere. E a piacere sempre di più.
La «Lanterna», detto anche «Pedocin», è l'unico stabilimento balneare in Europa dove ancora si pratica la rigida divisione tra i sessi. Solo un euro per entrare. Signori da una parte e dame dall'altra. Un fugace sguardo all'ingresso e ad ieu , ognuno per i fatti suoi. Il regolamento parla chiaro, non si sgarra. Gli unici a farlo sono i bambini, che fino ai 12 anni accedono gratis, ma una volta grandi dovranno salutare mamma e trasferirsi dall'altra parte della barricata come in una sorta di passaggio ideale all'età adulta.
Qui le signorine assaporano una boccata di privacy , si crogiolano al sole libere di spogliarsi lontane da occhi indiscreti. Ma si sa che in fondo c'è sempre qualche ardito maschietto che tenta la scalata pur di dare una sbirciatina. Se è vero che l'erotismo si nutre di anche ostacoli, per chi proprio non resiste alla lontananza basta fare il bagno per incontrare l'altra metà del cielo. Il Muro, infatti, termina dove inizia il mare e i mattoni lasciano il posto a una sottile riga di boe. «Qualcuno ci ha provato ad abbatterlo, un po' di anni fa», racconta Bruno, custode dal lontano 1986. Beh, ne è nata una vera e propria sollevazione popolare per impedire lo sfregio. «Quel muro resta, non si discute», hanno decretato i triestini.
Non è questione di «bigotteria» o di anacronismo: nella Trieste crogiolo di etnie, emancipata città di frontiera e cuore della Mitteleuropa, quel lembo di ciottolato che sorge in pieno centro, nel suggestivo Molo Fratelli Bandiera, è un monumento alla storia, ma soprattutto alla libertà di scelta. Un tesoro conservato con cura, piccolo gioiello del Comune che lo ristrutturato nel 2009 e con un intervento da 300 mila euro lo ha riportato ai suoi colori originali, il bianco della parete e l'azzurro delle panchine e degli spogliatoi.
«Turisti da tutto il mondo arrivano qui per vedere dal vivo il famoso Pedocin», così racconta Bruno la metamorfosi di un'antica usanza in attrazione turistica. Riviste e asciugamano sotto braccio, lo stabilimento brulica nell'ala sinistra, quella riservata donne: ci sono le irriducibili signore triestine che «frequentano il bagno da una vita», accanto alle «commesse che si concedono un'ora di relax in pausa pranzo» e alle giovani universitarie che «fuggono qui tra una lezione e l'altra».
Ci sarà un motivo se questa parte, quella femminile, è grande il doppio di quella riservata ai maschi. Affollatissima durante la stagione estiva, quando in una giornata si contano fino 2500 accessi. Al riparo dal mondo reale, alle prese con profughi e immigrati che bivaccano non solo in città ma anche nella frequentatissima riviera di Barcola. Ancora sconvolta dai due afgani richiedenti asilo che qualche giorno fa hanno molestato una dodicenne.
Dall'altro lato si arriva anche un migliaio di bagnanti: un esercito di cinquantenni che preferisce il suono della risacca al chiacchiericcio in rosa. Avvistati anche preti, rabbini e musulmani. Genti, mode e culture. Ma quel Muro, tanto amato anche da James Joyce, non cambierà. Guai a chi lo tocca.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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